Il miracolo di Ricky, salvo dopo 26 minuti di arresto cardiaco
Per 26 lunghi minuti il suo cuore ha smesso di battere. Eppure Riccardo Beghi, cuoco di 25 anni di Livraga, si è risvegliato e sta bene. Questo grazie all’ostinazione della mamma che l’ha rianimato per 20 minuti, ai soccorritori che hanno continuato per altri 25 e ai medici della terapia intensiva che hanno fatto il resto. La catena del soccorso ha funzionati alla perfezione. I dottori avevano detto alla mamma, Orietta Losi, che suo figlio avrebbe potuto avere gravissime conseguenze neurologiche. Invece Ricky, sabato scorso, ha aperto gli occhi e ha sorriso. In genere bastano dai 4 ai 7 minuti, senza attività cardiaca, per morire.
Riccardo soffre della sindrome di Brugada, una malattia genetica che può provocare arresti cardiaci. A Ricky era capitato varie volte di svenire, ma poi si era subito ripreso. Una crisi così non gli era mai successa. Il medico del 118, intervenuto a casa Beghi, aveva promesso alla mamma che Ricky si sarebbe salvato. Era preoccupato poi che quella promessa non avrebbe potuto essere mantenuta e, invece, il 25enne che fa il cuoco alla Locanda dei sapori di Borghetto, ce l’ha fatta.
«Come ogni sera, domenica 11 giugno, Ricky era tornato dal lavoro a mezzanotte - racconta la mamma con il groppo in gola a sfogare la tensione di una settimana -, aveva mangiato ed era andato a letto. Alle 4 della mattina ho sentito un rantolo forte. Sono corsa di là. L’ho trovato cianotico e con il torace che non si muoveva. L’ho buttato subito giù dal letto e ho incominciato a massaggiarlo. Ho telefonato al 118 e il dottore mi spiegava cosa dovevo fare. Sono andata avanti fino a quando non è arrivato il medico del 118. È stato bravissimo, ha messo tutta la forza che aveva in quelle mani. L’hanno defibrillato, intubato e trattato farmacologicamente fino a riprendergli il battito».
Il ragazzo è stato trasportato di corsa in terapia intensiva e sabato scorso quando la mamma è andata a trovarlo, ha visto tutti i medici che ridevano: «Venga signora, venga». «Cosa avranno mai questi da ridere così tanto», ha pensato lei. «Lo chiami signora». Lui ha aperto gli occhi e ha sorriso. Un’emozione che ancora oggi il genitore non riesce a contenere.
Il dottore del 118 vuole mantenere l’anonimato. «Il nome - dice - distoglie dalle cose belle. C’è un sistema che funziona fuori e dentro dall’ospedale, una mamma che ha massaggiato suo figlio fino alla fine e Qualcuno che da lassù ha fatto il miracolo. Se la mamma non l’avesse massaggiato per 20 minuti Riccardo sarebbe morto di sicuro. Noi abbiamo fatto il nostro lavoro e quello che sappiamo fare. Ho visto tante persone in arresto cardiaco, questo ragazzo mi ha lasciato un segno. Riccardo è la risposta ai tanti perché che ci poniamo ogni giorno. A volte sembra proprio che non valga la pena fare questo lavoro. Lui è la risposta alle nostre domande». Parole di ringraziamento all’equipe dei soccorritori sono arrivate anche dai direttori del Pronto soccorso e del 118 Stefano Paglia e Giorgio Beretta e dal primario della terapia intensiva Enrico Storti: «Questa storia - dice quest’ultimo - è la testimonianza che davvero tutta la catena del soccorso ha funzionato a regola d’arte. La mamma ha massaggiato il figlio seguendo le indicazioni del medico, è intervenuto il 118 e poi l’hanno portato in terapia intensiva. Già dare indicazioni a una mamma, al telefono, non è semplice. Anche in terapia intensiva non è stato facile trattare Riccardo. La sindrome di Brugada non consente di utilizzare determinati farmaci che sarebbero invece efficaci. Non pensavamo ci fosse un risveglio così. Credevamo che Riccardo riportasse delle conseguenze neurologiche gravi. A completare il risultato è stata anche la forza del giovane». La mamma ora piange, è preoccupata che un evento come questo possa ripresentarsi ancora. La famiglia aveva progettato una crociera. «Non ci sono problemi - dice Storti -. I nostri cardiologi di Lodi impianteranno a Ricky un defibrillatore. Con quello suo figlio farà una vita normale e andare in crociera non sarà impossibile».
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