INCHIESTA TEM - PRIMA PUNTATA
Il sogno iniziale: «Un’autostrada
da 70mila veicoli al giorno»
Mercoledì 1 dicembre sul «Cittadino» la seconda puntata a firma di Barbara Sanaldi
Dieci anni dal primo progetto esecutivo, quasi venti dai “sussurri” sulla necessità di rivoluzionare il sistema viabilistico attorno a Milano, più di un lustro dall’entrata in servizio dei trentadue chilometri d’asfalto che, di fatto, hanno cambiato il volto, tra l’altro, del Sudmilano.
Un balzo all’indietro
A voler raccontare della genesi e dei primi passi di un’opera entrata ormai a pieno titolo nella quotidianità di un’ampia fetta di territorio metropolitano, tocca fare un balzo nel tempo di almeno vent’anni, all’inizio del nuovo millennio se non addirittura fino all’ultimo decennio del secolo scorso quando da più parti, nel mondo economico-industriale soprattutto, prendono corpo richieste pressanti per interventi atti a svecchiare il sistema di movimentazione di merci e persone, e per dare respiro, così si disse allora, ad un sistema viabilistico che era bollato come prossimo al collasso.
Gli anni Novanta
Tra la metà degli anni ’90 del ’900 e i primi anni del 2000 Milano affronta su più fronti il tema dello sviluppo, della crescita economica e della necessità di “stare al passo con l’Europa” attraverso un sistema di infrastrutture «nuove, moderne e innovative». Sono gli anni dei progetti che parlano di intermodalità e interconnessioni – con progetti faraonici per lo più naufragati nel nulla, come gli interporti/intermodali di Lacchiarella e Segrate, solo per citare due casi – ma anche di necessità di interventi sul sistema viabilistico milanese, metropoli sempre più “assediata” da traffico e inquinamento. Tra le soluzioni che emergono, proprio quella di rivedere il sistema autostradale: attorno alla fine degli anni ’90 iniziano a prendere così corpo i progetti relativi a nuovi collegamenti da e per il resto della Regione, si parla anche di BreBeMi e Pedemontana, e a nuovi anelli tangenziali destinati a decongestionare il sistema Est-Ovest che, è quanto emerge da studi e osservazioni, sarebbe prossimo al collasso. È la tangenziale Est, in particolare, ad essere considerata ormai non più sufficiente a sostenere il cosiddetto traffico commerciale, flussi mutati considerevolmente rispetto al periodo in cui venne progettata (1969-1973), e soggetta ad un progressivo “avvicinamento” delle aree residenziali a quello che un tempo era un anello viario esterno.
I numeri
Nasce, così, l’idea di una “tangenziale est esterna” che, sulla carta, avrebbe dovuto “dirottare” non meno di 70mila mila veicoli al giorno – i calcoli dell’epoca parlavano di un traffico quotidiano sulla rete tangenziale prossimo ai 200mila mezzi – con un risparmio di «20 milioni di euro di carburante all’anno, 8 milioni di ore in meno trascorsi all’anno in viaggio dagli automobilisti, 141mila chilogrammi di emissioni inquinanti non prodotti all’anno» come scriveva Fabio Terragni, nei primi anni 2000 amministratore delegato di Tangenziale Esterna spa.
Il sogno di Expo 2015
Una nuova autostrada, «nell’ottica del vasto potenziamento della grande viabilità del Milanese e della Lombardia attraverso la realizzazione di arterie attese da mezzo secolo», era il “manifesto” dei sostenitori del progetto, cui si aggiunge il “sogno” che prende corpo a inizio 2000 di “Milano Expo 2015”, la grande fiera che, è tra gli argomenti sollevati, «richiederà un sistema viabilistico all’altezza dell’evento».
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