La Cisl “striglia” il Lodigiano
«Anche le istituzioni locali hanno responsabilità»
Un esempio per l’Italia, perché la lotta scandita dal primo sciopero, ancora lunga, venga combattuta “uniti” come a Lodi. E una scossa alle istituzioni, «anche a quelle locali», per trovare soluzioni specifiche a una situazione che così proprio non può andare avanti. Parlano sotto l’acqua davanti a un centinaio di persone, i segretari provinciali delle tre grandi sigle sindacali; ma i loro strali contro «una manovra iniqua», quale quella del governo Monti su pensioni, tasse e uno sviluppo che invece non si vede, svariano dal parlamento romano all’Europa Unita. Passando per il Lodigiano, appunto, perché nella risposta al sacrificio economico schiaffato sulle spalle del ceto medio-basso «ci sono responsabilità che toccano anche le istituzioni del territorio», scandisce Mario Uccellini, segretario Cisl, il primo a intervenire.
È un messaggio agli enti che siedono «a quello che pomposamente è stato chiamato tavolo per lo sviluppo», striglia Uccellini, «Provincia in testa», perché «non è possibile che non si sia fatto quadrare un progetto che sostenga veramente il territorio». Un esempio, allora, arrivi anche da chi governa nel Lodigiano, proprio come quello che i sindacati locali sono convinti di aver dato con la loro ritrovata unitarietà contro le iniquità della manovra varata dal nuovo governo tecnico. Un «messaggio importante» dettato da evidenti «convergenze», perché se Uccellini dice che «non possiamo accettare una logica che tocca i redditi di lavoratori e pensionati, rinviando la scelta di toccare finalmente i redditi più alti e la profondissima area dell’evasione fiscale», i suoi omologhi alle segreterie provinciali confermano e rincarano la dose.
«No ai sacrifici unilaterali, sparando nel mucchio», riprende ad esempio Santo Bolognesi, segretario Uil, lamentando come il governo «non abbia accolto alcuna delle nostre giuste rivendicazioni». L’attacco è ai politici, «che hanno rinviato il taglio dei loro stipendi e indennità»; e se l’allarme è per i giovani precari, nonché per uno stato sociale «a rischio smantellamento”, la strada da percorrere è una sola: «Non dobbiamo mollare, ma riempire le piazze, perché questo è solo l’inizio della lotta».
Tra tante bandiere, il rosso che colora i vessilli della Cgil ispira a Domenico Campagnoli un intervento ricco di inquietudini. Perché c’è una pressione fiscale, tra tasse regionali, inflazione e Iva, «verso il 45 per cento», ma anche una cassa integrazione pronosticata ormai attorno alla cifra “horror” di un miliardo di ore. «E la domanda? E i consumi?» domanda il segretario Cgil paventando «un anno nero», perché le conseguenze della manovra minacciano di essere insostenibili «non solo per la giustizia sociale, ma anche per lo sviluppo economico». Lo sguardo va dunque oltre a quel governo nel quale se finalmente i tre sindacati vengono incontrati assieme «nel merito non è cambiato molto»; perché l’obiettivo deve essere «obbligare l’Italia e l’Europa a una nuova “governance”», con tanto di «politica fiscale omogenea», una banca centrale che scongiuri i fallimenti e un “modello francese” per mettere mano ai patrimoni più pingui, la cui inviolabilità è motivo di grosso cruccio anche per Uccellini.
Alleati, dunque, non solo come spot demagogico, ma in ossequio a quel vecchio slogan dell’«uniti si può vincere» che Campagnoli evoca auspicando un’unitarietà di fatto, concreta. Si vedrà. La parola passa ai prossimi scioperi, già calendarizzati: venerdì protesteranno trasporti, bancari e assicurativi, poi il banco di prova che lunedì vedrà in stato di agitazione generale anche i dipendenti del pubblico impiego e quello dei servizi socio-assitenziali. Il lungo inverno dei lodigiani è appena incominciato.
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