La difficoltà di essere missionari tra noi

Un pomeriggio di confronto tra la Chiesa delle missioni e i «giovani viaggiatori». È stata questa la formula scelta per l’annuale Convegno missionario, tenutosi sabato pomeriggio in Seminario vescovile per tutti i gruppi di volontari impegnati nel servizio.

La presenza di giovani abituati a viaggiare per proprio interesse, venendo a contatto talvolta anche con la vita di missione, ha rappresentato una novità di questa edizione 2012, significativamente intitolata «Prove di dialogo». Don Luca Maisano, direttore del Centro Missionario lodigiano, si è fatto carico dell’organizzazione dell’evento, a cui ha partecipato, per un breve saluto iniziale, anche monsignor Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi: «Invito tutti voi a tenere presente la raccomandazione pronunciata dal cardinal Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli: coniugare lo sforzo tra missione ad gentes, ovvero ai popoli lontani, con la nuova evangelizzazione nei nostri territori di antica tradizione cristiana. La presenza sempre più significativa di immigrati rende urgente questa istanza e, quindi, importante il rinnovamento dei gruppi missionari a livello vicariale».

A questo punto, il dibattito è entrato nel vivo con uno scambio di domande e risposte tra Elga, giovane viaggiatrice, che ha vissuto alcune esperienze di condivisione nelle missioni di Brasile, Ruanda e Mozambico, e monsignor Francesco Beschi, vescovo di Bergamo e membro della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le chiese della Cei.

«Quali sono i problemi che ha riscontrato conoscendo i giovani laici delle missioni?», è stata una prima domanda a cui monsignor Beschi ha risposto convinto: «Difficile trovare dei limiti a presenze volontarie così generose e spesso radicali. Al più si possono individuare cambiamenti nelle modalità: fino a qualche decina di anni fa il periodo di permanenza dei volontari era più lungo, dai 6 ai 9 anni, si trattava di una vera scelta di vita. Oggi la missione dura 2 o 3 anni, così instaurare un rapporto solido con gli abitanti del posto è più difficile e spesso si delinea il rischio del «turismo missionario». E ancora: perchè sembra più difficile fare missione sul nostro territorio che in terre lontane? Perchè appare tanto diverso e più fragile il modo di vivere la fede nella nostra Chiesa? «La nostra Chiesa è come una casa - ha affermato monsignor Beschi -. Ha tanti anni e nel tempo si è riempita di cose. Ciò può rappresentare una ricchezza di esperienza e mezzi, ma deve anche generare la consapevolezza che pulizia e rinnovamento sono indispensabili per far entrare aria e forze fresche».

Gli interventi del vescovo di Bergamo sono proseguiti ampi ed esaurienti, anche il pubblico ha partecipato attivamente, coinvolto nella bella atmosfera di confronto.

Angelika Ratzinger

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