
La festa dei popoli è appena conclusa e già si pensa alla prossima edizione
LODI L’integrazione passa da momenti come quello che si è svolto a San Fereolo e ha coinvolto decine di comunità straniere: oggi si riunisce il comitato organizzatore
Lodi
La festa dei popoli è appena terminata e già l’organizzazione pensa alla prossima edizione.
Si è rimessa subito in moto, infatti, la “macchina” per promuovere la festa che si svolgerà il prossimo anno. Proprio oggi, tutte le associazioni e le comunità che fanno parte di Umanità lodigiana si trovano per fare un bilancio della festa del 24 maggio che ha visto concentrarsi nel parco Martiri della libertà, a Robadello, 5mila persone e ha visto protagoniste oltre 22 comunità diverse.
«Mi vengono in mente - commenta - le parole storiche scritte da Paul Rivet all’ingresso del Museo antropologico di Città del Messico: “Ogni essere umano dovrebbe comprendere e sapere che a tutte le latitudini e longitudini, altri esseri umani, indipendentemente dal colore della loro pelle o dalla forma dei loro capelli, hanno contribuito a rendere la loro vita più dolce o più facile”. Mi vengono in mente anche quelle di un po’ di anni fa’ del cardinale Roger Etchegaray: “Siamo tutti discendenti da migranti”. Quando gli uomini sono apparsi sul nostro pianeta, hanno iniziato a migrare e a mescolarsi tra loro, dovremmo parlare non di razze ma di ‘meticciato’».

«Per la preparazione della festa ci si è incontrati tante volte per coinvolgere tutte le comunità presenti nel Lodigiano e le associazioni di volontariato del territorio per condividere un percorso e iniziare a creare un cammino comune, si vive e si opera tutti su questo territorio e ciascuno ci mette del suo per rendere migliore la propria vita e quella della comunità - continua -. Si voleva lasciare una traccia di questo cammino, e 10.000 piedi non sono pochi per una città in cui molte persone non aprono la loro porta. Grazie a Danny Smaila (Good Food via Lodino), a Pito Maisano (Umanità Lodigiana), alle persone delle 22 comunità che hanno partecipato e ai tanti cittadini di Lodi che sono intervenuti, tutti ‘mescolati e amalgamati’».

«Già alle 8 della mattina - spiega -, hanno incominciato ad arrivare persone, scaricare furgoni, montare giochi e gazebo».
«Con lo scorrere della giornata, è arrivata una gioiosa e chiassosa marea di bambini e di famiglie, persone che si guardavano negli occhi e che si parlavano pur non conoscendosi, empatici; i tantissimi bambini giocavano con i giochi semplici e naturali di Lavinia Picchio di Sherwood; poi c’erano la musica e le recitazioni, la gioia che permeava tutto il parco (Ecuador, Colombia, Venezuela, Sicilia e altri, altri ancora); poi Donato Marinello che costruiva una macchinina di legno, attorniato da bambini curiosi e attenti, i quali – poi – non smettevano più di giocare con questa; più in là era presente la ‘mobilità sostenibile in bici’ con Giuseppe Mancini (FIAB), poi Lodi Solidale e la Lega Ambiente, GAS Lodi (Gruppo Acquisto Solidale – Cascina Fanzago), la CGIL con un banchetto che presentava lo ‘sportello salute ambiente e sicurezza’ per italiani e migranti e poi un’artigiana con prodotti molto gradevoli, poi fotografie; gli stand di Giappone, Egitto e Tunisia con abiti da provare, pettinatura dei capelli e tatuaggi con hennè sulle braccia e ragazze e ragazzi che aspettavano il loro turno; poi ancora giochi e tanti bambini contenti».
«Le donne, a una certa ora, hanno aperto i contenitori cominciato a distribuire il cibo (Marocco, Egitto, Tunisia, India, Eritrea/Etiopia) e, quindi si sono formate lunghe code per gustare gli splendidi e gustosi cibi e le donne che accontentavano le persone porgendo loro dei piatti che già si divoravano con gli occhi».
«E nella giornata, sul palco, quasi senza sosta, si sono susseguiti musiche e ballerine e ballerini di diversi paesi e letture anche di storie di bambini del doposcuola popolare dell’associazione Pierre».
«In alto, sul guardrail della strada, sventolava il lenzuolo bianco di solidarietà con Gaza - aggiunge il medico attivista -, ci sono tornate in mente le parole di una canzone di Francesco Guccini: “Quand’è che l’uomo imparerà a vivere senza ammazzare ...” ed anche le parole profonde del pediatra argentino-cubano morto nel 1968: “La solidarietà è la tenerezza dei popoli” ... e di solidarietà e tenerezza alla festa se ne è respirata veramente tanta. Questo è il mondo che dovremmo costruire per noi, per i nostri figli e per quelli che verranno, un mondo di tutti e per tutti».
«In questi giorni, si è votato per i referendum, anche per quello dove si chiedeva “più integrazione con la cittadinanza italiana” per ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per potere fare domanda di cittadinanza italiana, da parte dei migranti - spiega Leocata -. Al di là dell’esito del referendum vanno dette alcune cose, anche ricollegandosi alla data della ‘Festa dei Popoli’, ovvero il 24 maggio. Nel lontano 1918 (fine della prima guerra mondiale), Giovanni Gaeta scrisse una canzone che conteneva queste parole: “Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio; l’esercito marciava per raggiunger la frontiera per far contro il nemico una barriera... Il Piave mormorò: Non passa lo straniero! …”. La sensazione che si coglie oggi, anche tra diversi sedicenti progressisti, è che essi pensino ancora di essere in guerra, non più contro gli austriaci ma contro qualunque migrante, perché sono convinti che i migranti vogliano invadere il nostro Paese e comandare loro … Di fronte a ciò si rimane senza parole, ma bisogna agire; le leggi da sole non bastano per cambiare il mondo, bisogna lavorare e quotidianamente per ricostruire una cultura solidale e più umana tra le persone e incontrandole in strada, nelle periferie».
«Come pensano di fare gli italiani senza di loro, attori a volte ‘invisibili’ e in apparenza non protagonisti: “senza il mungitore indiano niente latte, senza i muratori maghrebini o romeni la ristrutturazione di casa non è possibile - aggiunge il dottor Leocata -, senza il cuoco turco o il pizzaiolo egiziano a pranzo non si sa che cosa mangiare, senza la badante ucraina, lo zietto dove lo metto?, quanto al pacco da Amazon, chi lo sa da quale parte del mondo proviene l’autista…».
«Il leghista Giorgetti ha dichiarato, tempo fa, che nel 2042 l’Italia con il grosso calo della natalità avrà un Prodotto interno lordo (PIL) del -18%, il fallimento dello Stato italiano; inoltre le aziende italiane, senza manodopera, chiudono e vanno nei paesi dell’Est (gli italiani non vogliono più fare alcuni lavoro e il numero di migranti non è sufficiente). L’attuale governo ha previsto per gli anni 2023-24 e 2025 un crescendo nei numeri di lavoratori stranieri richiesti nel decreto flussi: 136.000, 151.000 e 165.000 rispettivamente, per l’ultimo anno quasi il doppio rispetto al 2021. Essi, spesso, hanno difficoltà ad interagire con gli italiani e non si pensa ad una loro opportuna formazione».
«Proviamo a pensare che dietro a ognuna di queste persone migranti c’è una storia, una vita, sogni, speranze, affetti, insomma racconti di comune umanità, anche se qualcuno tenta di convincersi che “loro” sono “diversi».
«Cercavamo braccia, sono arrivati uomini” è la frase con la quale lo scrittore svizzero Max Frisch descriveva nel 1965 la condizione dei migranti italiani nella Svizzera di quegli anni, quando gli invasori stranieri eravamo noi…non dimentichiamolo».
«Aspettando la prossima “Festa dei Popoli” nel 2026, vorrei ricordare alcune frasi: “La speranza è come una strada nei campi: non c’è mai stata una strada nei campi, ma quando molte persone vi camminano la strada prende forma” di Yutang Lin e “Noi siamo cittadini del mondo e vogliamo vivere e in salute a Lodi, prendiamoci per mano».
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