L’addio a “Pantera” Danova
Dai colleghi giocatori
a coloro che lo aiutarono come allenatore: tanti
i ricordi per un uomo
professionale ed esigente
“Pantera” Danova ha mancato l’ultimo dribbling, ma quando l’avversario (la malattia) è così vile e perfido c’è poco da fare. Se n’è andato lasciando il ricordo di una carriera costellata di successi, soprattutto da calciatore (con tre scudetti, due al Milan e uno alla Fiorentina) col suo guizzo che faceva impazzire gli avversari.
Nel Lodigiano poi è ricordato per la sue stagioni da allenatore del Sant'Angelo, quando portò i rossoneri, tra i quali tanti nomi indimenticabili dell’era barasina, in Serie C1.
Lodi, la sua città adottiva (lui era nato a Sesto San Giovanni) si è comunque stretta alla famiglia (la moglie Tiziana e i figli Tommaso e Roberto) in occasione dei funerali, con la partecipazione del sindaco Simone Uggetti e di tanti sportivi, dirigenti ed ex giocatori anche di fama nazionale, con l’amico fraterno Ariedo Braida, Emiliano Mondonico, i fratelli Gianfelice e Luca Facchetti, Carlo Osti, Andrea Valdinoci, Aldo Jacopetti, Derio Marchesi, Ernesto Peroncini e tanti altri ancora. C’erano anche gli stendardi con una rappresentanza di Fiorentina e Atalanta, società in cui ha militato o per le quali ha lavorato come osservatore.
É bello ricordare comunque il periodo trascorso a Sant’Angelo, anche attraverso le testimonianze di chi è stato in campo con lui, a cominciare da Peppino Pisati, all’epoca nel suo staff come massaggiatore e per l’occasione a rappresentare la Sant’Angelo sportiva: «Era un professionista scrupoloso, che si era inserito perfettamente non solo in società ma anche all’esterno, creando insieme ai suoi collaboratore Aristide Guarneri e Lorenzo Buffon un ambiente in cui era un piacere lavorare. E infatti arrivarono risultati sorprendenti per un paese come il nostro».
Gli fa eco proprio Derio Marchesi, anch’egli cresciuto al Milan e poi al Cagliari nel dopo-Riva e al Pescara prima di arpprodare a Sant’Angelo: «Io arrivai a novembre con la squadra in C2, ma con un gruppo fantastico, nonostante parecchi giocatori arrivassero dalle categorie superiori. E Danova, che peraltro in quel periodo frequentava il Supercorso di Coverciano, era bravo a far convivere questi elementi dalla forte personalità come Bobo Gori o lo stesso Braida, ad altri che erano alle loro prime esperienze a certi livelli. Ma era esigente con tutti e pretendeva il massimo sia in campo che fuori. E’ stata per me una bellissima esperienza».
Veramente commosso Ariedo Braida, che ha vissuto con Danova l’avventura barasina ma non solo: «“Pantera” era un amico vero e posso dire tranquillamente che ci volevamo bene. Quando avevamo bisogno l’uno dell’altro ci cercavamo e sapevamo di trovare sempre il consiglio giusto. Ed era un rapporto che coinvolgeva anche le famiglie: per questo mando un affettuoso saluto a sua moglie Tiziana».
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