Il cartello all’ingresso riporta ancora il simbolo della Banca Popolare Italiana. La Bpi è andata in pensione a metà del 2007, da allora, però, nulla è cambiato sull’area delle ex Officine Adda di viale Pavia a Lodi, di proprietà del più importante istituto di credito della città e i cui progetti di recupero sono congelati da anni. Oggi i 34.650 metri quadrati che un tempo ospitavano una delle più grandi industrie di Lodi rappresentano un “buco nero” tra il centro storico e i quartieri periferici. L’area delle ex Officine rimane un’incompiuta, frutto della crisi immobiliare pesantissima che ha colpito il territorio, ma anche di mancati accordi tra la Banca e il Comune e, in taluni frangenti, anche di uno scontro piuttosto aspro tra la principale istituzione economica del territorio e Palazzo Broletto. Scontro che non è mai sfociato in prese di posizione dirette, ma che traspare ampiamente dai due ricorsi presentati dalla Nadir (società immobiliare della Bpl, di fatto la reale proprietaria dell’area) contro le scelte adottate dal Comune.
Oggi, a distanza di dieci anni dall’accordo che prevedeva il trasloco della Abb dal vecchio sito delle Officine Adda alla zona di San Grato, si intravede uno spiraglio. In Comune si ragiona su un piano integrato di intervento presentato dalla Nadir e realizzato dallo studio immobiliare di Stefano Boeri (assessore nella giunta Pisapia a Milano): il piano prevede il recupero a fini residenziali della vecchia area delle Officine Adda, secondo le cubature previste dal Piano di governo del territorio liquidato dalla giunta Guerini, ben inferiori rispetto a quelle stabilite nel 2003. Il dialogo potrebbe portare a una fumata bianca in primavera e dunque, a tutti gli effetti, quella di viale Pavia è una delle partite più importanti che arriveranno sulla scrivania del nuovo primo cittadino di Lodi. Quanto alla Banca Popolare di Lodi, una volta incassato il via libera del Comune al piano integrato, potrebbe mettere sul mercato l’area edificabile, vendendola a un gruppo immobiliare che porterebbe poi avanti l’operazione.
Per ricostruire una vicenda che entrerà nella storia amministrativa di Lodi occorre tornare al 2003, quando il Comune (con il sindaco Aurelio Ferrari), la Provincia (con il presidente Lorenzo Guerini), i sindacati e il gigante industriale Abb firmano un accordo epocale per la città. La Abb non lascerà Lodi, ma sposterà i propri impianti produttivi in periferia, in una zona più consona all’attività del gruppo. Dietro l’operazione c’è anche la Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani, disponibile ad acquistare il sito delle ex Officine Adda che, una volta liberato da Abb, dovrebbe essere riqualificato a uso residenziale e terziario.
La Popolare, nel pieno della sua ascesa, decide di affidare il progetto a un’“archistar” e si rivolge a Mario Botta. Ma le idee del professionista svizzero non piacciono alla città: le due “torri”, che sarebbero dovute diventare il simbolo della rinascita dell’area delle ex Officine, creano malumore e malcontento. La Banca fa dunque un passo indietro. Nel frattempo però - nel 2005 - lo scandalo finanziario investe in pieno la Popolare e decreta la fine dell’“era Fiorani”. A Lodi arriva quello che, con il passare del tempo, apparirà una sorta di “commissario liquidatore” (con il beneplacito di una parte della dirigenza lodigiana della banca): il toscano Divo Gronchi. L’ex esponente del Monte Paschi cercherà di mettere sul mercato l’area di viale Pavia, senza esito.
Sul fronte comunale, nel 2008 viene definito un documento d’inquadramento con il quale si abbassano notevolmente gli indici edificatori per il terreno delle ex Officine: nell’accordo del 2003 erano pari a 3 metri cubi per metro quadro, con il documento di cinque anni dopo si arriva a 1,8-2 metri cubi su metro quadro. La Nadir per conto della Popolare presenta ricorso al Tar, opponendosi al documento d’inquadramento, ma non chiedendo la sospensione del provvedimento urbanistico. Il documento di inquadramento finisce poi nel Piano regolatore di Lodi e anche in questo caso la Nadir ricorre al Tar, in quanto le osservazioni presentate in sede di Pgt non vengono accolte dal Broletto. Per cercare di ovviare alla fase di stallo la Bpl si affida a un altro professionista di spessore, Stefano Boeri. Il quale lavora a un progetto in grado di portare a un accordo tra Popolare e Comune, riducendo la cubatura edificabile rispetto al 2003. Oggi questo progetto è allo studio del Comune (come confermato dal sindaco uscente Lorenzo Guerini): rimane però da verificare se con una riduzione delle cubature edificabili, la riqualificazione delle ex Officine Adda rappresenti un investimento profittevole per la Bpl, alla luce anche del fatto che nel piano dovranno essere previsti interventi con ricadute pubbliche, dalla realizzazione di parcheggi alla sistemazione del parco di via Fascetti.
LE SFIDE DEL SINDACO - Il cartello all’ingresso riporta ancora il simbolo della Banca Popolare Italiana. La Bpi è andata in pensione a metà del 2007, da allora, però, nulla è cambiato sull’area
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