Lodi, commercianti e presidi delusi dalla nuova stretta
«Vanificati gli sforzi fatti per adeguarci, il Governo doveva pensarci prima»
IL COMMERCIO
Le parole sono finite o quasi. Troppi timori, rabbia, frustrazione, concentrati in un nodo alla gola, che genera quasi una difficoltà a parlare. Ieri, nei bar e nei negozi del centro storico di Lodi, per dirla con le parole di Vittorio Codeluppi, presidente di Aviscom, c’era aria di «lutto familiare». L’orizzonte di una nuova zona rossa estesa a tutta la Lombardia, in cui i movimenti saranno ridotti al minimo e saranno, di nuovo, spente le vetrine e chiusi i bar e i ristoranti, per qualcuno è la «mazzata» finale. La voce di Paolo Riezzo, che ha investito negli anni in diverse attività di bar sotto il marchio Calicantus, racconta come si stava ieri dietro il bancone dei bar della città. «Abbiamo sempre rispettato le regole e continueremo a rispettarle, ma servono aiuti veri, veri, veri, e voglio ripeterlo per tre volte, perché sia ben chiaro: servono soldi per il nostro settore, non c’è da girarci intorno. I ristori ipotizzati? Si parla di una piccola percentuale, perché il 150 per cento di quello che è stato effettivamente dato nel mese di aprile, che è poco, rimane poco. Servono delle indennità, una percentuale significativa di quello che è stato perso. Anche la parola “ristori” è impropria: per un mese si può parlare ristori, ormai qui siamo di fronte ad una situazione consolidata. Ormai servono altre misure: serve un’esenzione dalle tasse. Perché come possiamo pagare?».
Tra le voci di chi si sente oggi quasi “perseguitato” dalle norme - «siamo quelli su cui è stato puntato il dito da subito» - , c’è Lorenzo Broggi, titolare del cocktail bar Clover di via Volturno. Il Clover apriva alle 18 e ha già dovuto cambiare “pelle” nelle ultime settimane. «Abbiamo provato a reinventarci, aprendo alle 11 e provando anche a fare qualche pranzo, e nonostante tutto il settore si sia adeguato, abbia rispettato le regole, abbia sanificato, ridotto i posti, investito per i nuovi protocolli, si chiude. Quel che fa rabbia è che il governo aveva già provato questo sistema, con zero aiuti per gli imprenditori, e non è stato risolto nulla. Noi fortunatamente siamo uno dei locali di punta del centro e in estate abbiamo lavorato molto: questi mesi ci permettono di avere oggi le spalle coperte, ma è un vero disastro». Stessa rabbia anche in Lucia Nappi, titolare del bar pasticceria Dolcemeta di viale Pavia. «Abbiamo avuto un vantaggio di tre settimane rispetto, per esempio, agli altri Stati a noi vicini in Europa e non è stato fatto nulla per evitare di arrivare a questo: si è scelto di far agonizzare i bar e ristoranti per due settimane, per poi arrivare comunque a una chiusura. Fortunatamente ci viene concesso l’asporto, ma la rabbia c’è lo stesso. Se la seconda ondata era prevista da maggio, perché non si è agito per evitarla? Perché si arriva solo ora alla limitazione al 50 per cento della capienza dei trasporti? Perché non ci sono stati controlli rigorosi per verificare il rispetto delle regole ovunque?».
Durissimo il commento anche delle associazioni di categoria. «Lo scenario che si presenta oggi è molto pesante – spiega Isacco Galuzzi, segretario di Confcommercio – ed è evidente che produrrà effetti economici pesantissimi, in un contesto già indebolito dalle chiusure precedenti. Io credo che la differenziazione, anche all’interno di una stessa regione, tra aree che oggi non hanno criticità così drammatiche, poteva essere percorso. E avrebbe permesso alla Provincia di Lodi di non essere messa alla pari di altri territori e di preservare un minimo di vita economica e sociale».
La chiusura “oggi per domani” secondo Vittorio Codeluppi, presidente Asvicom, è impensabile. «Quello che purtroppo temevamo si sta verificando ed è la mazzata definitiva. Quello che lamentiamo questa volta è una mancanza di tempestività folle, una totale assenza di chiarezza nelle comunicazioni, che genera rabbia, sconcerto, disperazione in alcuni. Si sta alzando la tensione sociale e servono misure tempestive, istantanee ed efficaci, perché gli imprenditori non possono sentirsi soli. Come serve immediatamente una moratoria per il sistema bancario: non si può più pensare oggi che il termine ultimo per le scadenze sia il 31 gennaio».
LA SCUOLA
I corridoi resteranno deserti e le voci degli studenti non si sentiranno più. Dai cancelli entreranno solo gli alunni con difficoltà di apprendimento e piani didattici differenziati, ma saranno da soli. Questo è quello che succederà, in seguito al nuovo decreto del presidente del consiglio dei Ministri, per gli alunni dalla seconda media in su. Per quelli più piccoli, invece, non cambierà nulla. I presidi speravano almeno in un 25 per cento di didattica a distanza, ma non è andata così. «Per quanto mi riguarda - commenta la preside del Volta Luciana Tonarelli - penso che fosse inevitabile vista la situazione epidemiologica. Ora stiamo ragionando sui laboratori nell’istituto tecnico, ma dipende da come si muove la situazione. Io sono molto prudente. Sono in una fase attendista, non mi sembra ci siano molti margini per fare cose diverse. Noi abbiamo docenti che facevano didattica a distanza da scuola, vediamo come va». Anche la preside del liceo scientifico Gandini e classico Verri Giusy Moroni ha provato un sentimento di dispiacere di fronte al nuovo provvedimento. «A dire la verità - annota la dirigente - ce lo aspettavamo». Quando si parla di misure restrittive si sa che le condizioni saranno peggiorative. «Ci affidiamo - annota Moroni - ci affidiamo perché le valutazioni sono state fatte sulla base dei dati che noi non abbiamo». La preside del Gandini però è sincera. Lei, a quel 25 per cento di didattica in presenza aveva creduto. «Era un buon compromesso per tenere insieme le finalità educative e sanitarie, è andata così e ci atteniamo - dice -. Avevamo fatto slittare al 9 novembre l’inizio dell’attività in presenza al 25 per cento, proprio perché in attesa delle nuove disposizioni. Se prima potevamo almeno introdurre, come avevano detto, laboratori nelle materie d’indirizzo anche ai licei, adesso non abbiamo più neanche quella possibilità». I laboratori di fisica e chimica dell’istituto, tra l’altro, sono ancora chiusi, per i lavori di adeguamento alla normativa prevenzione anti incendio ancora in corso. La ratio del provvedimento, comunque, è chiara, di voler estendere la didattica a distanza per tutti. Il dato sarà fondato e noi ci rassegniamo». A scuola andranno solo i ragazzi con bisogni educativi speciali e piani didattici individualizzati. Al Gandini ci sono docenti disponibili, al pomeriggio, per le classi prime. Questa settimana inizieranno anche gli sportelli a distanza per aiutare i ragazzi che hanno difficoltà. I primi recuperi saranno in matematica. Al Vegio, la dirigente Laura Fiorini ha deciso che faranno lezione da casa anche gli insegnanti. «A me piange il cuore - dice la preside - speravo almeno in un 25 per cento in presenza. Sarebbe stato bello per i ragazzi venire a scuola almeno una volta alla settimana, ma poi c’è sempre il punto di domanda dei trasporti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA