LODI - Elezioni, scenari a confronto: verso un voto polarizzato
Cinque candidati, ma la sfida è tra Casanova e Furegato. Tutte le variabili rispetto a cinque anni fa
Il deposito delle liste, lo scorso fine settimana, ha aperto l’ultimo mese di campagna elettorale, che ci porterà alle amministrative di domenica 12 giugno. Cinque anni fa a Lodi la spuntò al ballottaggio Sara Casanova (centrodestra) battendo Carlo Gendarini (centrosinistra), ma l’esito del primo turno - 11 giugno 2017 - offriva un quadro assai frastagliato, dal quale è possibile trarre qualche spunto di riflessione per cercare di capire come potrebbe muoversi il voto il prossimo giugno, tenendo bene a mente tuttavia che la politica non è scienza esatta. I candidati sindaci cinque anni fa erano sette: Massimo Casiraghi, Giuliana Cominetti, Sara Casanova, Luca Scotti, Stefano Caserini, Lorenzo Maggi e Carlo Gendarini.
Casiraghi, candidato sindaco del Movimento 5 Stelle, ottenne 1.938 voti, pari al 9,58 per cento. Cominetti con due liste civiche 1.426 voti, 7,05 per cento. Casanova, a capo della coalizione di centrodestra trainata dalla Lega, 5.532 voti, 27,32 per cento. Scotti, con una civica moderata, 826 voti, 4,08 per cento. Caserini, con una civica di sinistra, 1.178 voti, 5,82 per cento. L’ex Forza Italia Maggi, che schierava quattro civiche, tutte comunque nell’alveo del centrodestra, 3.133 voti pari al 15,49 per cento. Gendarini, candidato sindaco della coalizione di centrosinistra trainata dal Pd, 6.191 voti, 30,62 per cento.
Al primo turno, nel 2017, l’affluenza si fermò al 60,18 per cento e ben 13.700 elettori restarono a casa: da quando è stata introdotta l’elezione diretta del sindaco, nel 1993, mai a Lodi al primo turno si era registrata una partecipazione così bassa.
La polarizzazione del voto
Lo scenario, a distanza di cinque anni, è estremamente differente. I candidati sindaci sono cinque, ma il voto appare polarizzato su due contendenti, il sindaco uscente Casanova e il candidato sindaco del centrosinistra Andrea Furegato. Le novità di rilievo sono due. Sara Casanova ha inglobato nella coalizione il vicesindaco Maggi (nel 2017 al primo turno corsero separati e si apparentarono al ballottaggio). Andrea Furegato ha riunito attorno a sè tutto il centrosinistra e pure quel che rimane dei 5 Stelle mentre Gendarini nel 2017 al primo turno dovette fare i conti con un candidato sindaco grillino e, sul versante sinistro, con Caserini.
Il reale peso di Maggi
Una evoluzione evidente ha riguardato il vicesindaco Lorenzo Maggi. Nel 2017 si presentò al primo turno come candidato sindaco civico, appoggiato da ben quattro civiche (Passione per Lodi, Giovani per Lodi, La svolta per Lodi e Uniti per Lodi) ottenendo un risultato lusinghiero e inatteso (15,49 per cento) il che gli permise in fase di apparentamento di strappare a Casanova l’impensabile: la poltrona di vicesindaco, due assessori e la nomina del presidente della casa di riposo Santa Chiara. Cinque anni dopo Maggi è confluito fin dal primo turno nella coalizione Casanova, con una sola lista civica. Sarà interessante “pesare” quanto valgono oggi il vicesindaco e la sua lista. Il 15,49 per cento appare difficilmente replicabile, almeno sulla carta.
L’incognita Italexit
Una delle novità dell’attuale panorama elettorale è Stefano Buzzi, candidato sindaco per Italexit, il movimento di Gianluigi Paragone che è dato in crescita a livello nazionale sebbene non vi sia univocità di letture tra i commentatori e i sondaggisti. Buzzi è stato fino a pochi mesi fa assessore nella giunta Casanova in quota Fratelli d’Italia: ha rotto fragorosamente con il partito della Meloni e con il commissario mandato da Milano a gestire la sede di Lodi e si è affiancato alle posizioni anti Ue del senatore ex grillino con un passato nella Lega di Bossi. Italexit a Lodi punta a pescare nell’elettorato di destra vicino a Buzzi (e dunque potrebbe dar fastidio a Casanova) ma guarda anche a una certa sinistra malpancista e agli scontenti 5 Stelle (dando noia a Furegato), al variegato mondo che ha contestato il Green pass e che è sceso in piazza Vittoria a Lodi in numerose occasioni tra 2021 e 2022.
Il duello a distanza Lega-Pd
Lo scenario, come detto, è polarizzato. E all’interno delle due coalizioni sarà determinante per l’esito finale il comportamento dei partiti trainanti, la Lega nel caso di Casanova e il Partito democratico per Furegato. Cinque anni fa la Lega (con Salvini in fortissima ascesa a livello nazionale) conquistò 2.730 voti, il 14,22 per cento; il Pd 3.056, pari al 15,92 per cento. Di fatto un testa a testa. Oggi tutto lascia intendere che i due partiti intendano nuovamente misurarsi, non fosse altro perché esprimono i due candidati sindaci: la Lega ha candidato tra gli altri il senatore Luigi Augussori e l’assessore regionale Pietro Foroni; il Pd è impegnato ormai da settimane in una campagna a tappeto in città, una campagna “pancia a terra” vecchio stile.
Le civiche di Scotti e Caserini e i 5 Stelle
Lo scenario generale quest’anno appare più chiaro, tuttavia la scelta di alcuni candidati sindaci del 2017 di confluire oggi nella coalizione di centrosinistra apre degli interrogativi sulla possibilità che, con una vetrina meno estesa (devono fare un passo indietro rispetto a Furegato), possano replicare il risultato di cinque anni fa. Nel 2017, sommati, Luca Scotti e Stefano Caserini valevano il 10 per cento. Se le performance delle liste di Scotti e Caserini sono tutte da misurare (potrebbero anche migliorare il risultato del 2017), discorso diverso vale per i 5 Stelle, che cinque anni fa correvano da soli spinti dal “caso Uggetti” e oggi sono confluiti con una lista nella coalizione di Furegato. Il 9,58 per cento del 2017 sarà difficilmente raggiungibile, sia perché il Movimento oggi appare in estrema difficoltà al Nord, sia perché il candidato sindaco di cinque anni fa Casiraghi ha rotto con la famiglia grillina di Lodi e ha “lavato i panni in piazza” contestando la scelta di Furegato, a suo dire espressione dell’ancien regime.
Quanto crescerà la Meloni?
Nel centrodestra si guarda poi con attenzione a Fratelli d’Italia, nel 2017 ferma a Lodi al 2,19 per cento ma protagonista in questo quinquennio a livello nazionale di una eccezionale galoppata, tanto che oggi il partito di Giorgia Meloni appare secondo i sondaggisti il primo nel Paese. A Lodi Fratelli d’Italia sarà in grado di riproporre, almeno in parte, l’impennata di consensi registrata a livello nazionale? Una crescita è certa, resta da capire quanto intensa.
I voti della Cominetti
A uscire di scena è Giuliana Cominetti, figura “trasversale” della politica locale (è stata vicesindaca di Guerini, candidata sindaca del centrodestra, ha militato infine in Fratelli d’Italia): cinque anni fa raccolse con due liste civiche 1.426 voti. Dove andranno questa volta? È possibile che si sparpaglieranno tra i due candidati maggiori.
I voti del sindaco
Forse non determinante, ma certamente significativa per l’esito finale, sarà poi la forza del sindaco uscente rispetto ai partiti e alle civiche della sua coalizione. Sarà interessante capire quanto conterà - se conterà - il tradizionale “vantaggio competitivo” dato dal legame instaurato con la città nei cinque anni di mandato da parte dei primi cittadini uscenti. Un caso su tutti, a noi vicino, è quello di San Giuliano Milanese dove pochi mesi fa ha stravinto il giovane sindaco uscente Marco Segala con un risultato personale (della sua civica) di gran lunga più importante rispetto a quello dei partiti che lo sostengono, Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia.
Il rebus degli astenuti
L’ultimo spunto di riflessione riguarda l’affluenza alle urne e dunque, di riflesso, il peso degli astenuti. Su questo tema abbiamo già scritto, ma resta particolarmente rilevante. Lo sforzo, da entrambi gli schieramenti, è di provare a uscire dal loro tradizionale perimetro e “rubare” voti al fronte opposto; ma al tempo stesso le energie sono indirizzate a recuperare alla propria causa una parte del popolo degli astenuti che nel 2017 valeva 13.700 votanti, il 39,82 per cento. Chi, tra Casanova e Furegato, riuscirà con maggior successo a portare alle urne elettori “non di area”, disinteressati al voto, potrà contare su un bagaglio di consensi prezioso. Magari non decisivo, certamente imprescindibile per vincere.
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