Lodi, un glaciologo spiega la tragedia della Marmolada
Enrico Mattea è preoccupato per il fragile equilibrio delle Alpi e non solo
Il ghiacciaio della Marmollada si è ridotto del 90 per cento rispetto alla superficie che occupava cento anni fa; il fronte centrale è arretrato di centinaia di metri: sono alcuni dei dati che snocciola, preoccupato, il 28enne glaciologo e ricercatore lodigiano Enrico Mattea. Laureato a Friburgo, dottorando in Geoscienze, Enrico Mattea conosce molto bene i fenomeni che coinvolgono i ghiacciai montani, avendoli studiati in svariate parti del mondo, dalla Groenlandia ai rilievi dell’Asia centrale, passando per le vette alpine italo-francesi. Il ghiacciaio della Marmolada è il più grande delle Dolomiti, ed è ritenuto importante perché, rispondendo in modo molto rapido a variazioni anche minime d i precipitazioni e temperatura, funge da “termometro” dei cambiamenti climatici. «Entro pochi decenni questo ghiacciaio relitto sarà destinato a scomparire - riflette Mattea -. Esso infatti, formatosi quando clima era più favorevole, si trova a bassa quota: ora resiste solo come anomalia. Di fatto, con le condizioni climatiche attuali, fra pochi anni non esisterà più».Mattea interviene poi in maniera specifica sul crollo del ghiacciaio, dando una chiave di lettura che ci fa ben capire come la tragedia non fosse prevedibile: «Il fattaccio accaduto la scorsa settimana è stato di difficile previsione poiché il ghiacciaio della Marmolada è, per sua natura, di difficile movimento: tipicamente questi ghiacciai perdono massa e si assottigliano in maniera continua ma regolare. Il grave e violento fenomeno dinamico che lo ha interessato è stato a dir poco sorprendente». La tragedia del 3 luglio, con diverse cordate travolte dal crollo di un gigantesco seracco, è costata finora 11 morti. (ha collaborato Federico Dovera)
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