LODI - L’esempio di San Bassiano per ricomporre le fratture
L’editoriale del direttore del «Cittadino» Lorenzo Rinaldi in occasione della festa patronale
Una festa di popolo. Questo raccontano le cronache del 1163, anno in cui le spoglie di San Bassiano vennero traslate da Lodi antica a Lodi nuova. Sono passati 859 anni, la nostra città ha attraversato guerre, pestilenze, difficoltà economiche, ma il legame tra il popolo e il suo patrono è rimasto immutato. Un legame che si perpetua di anno in anno e che oggi, 19 gennaio 2022, si rinnova in un momento storico difficile, nel terzo anno di pandemia. Il Covid ha fatto emergere e in alcuni casi cronicizzato le fragilità sociali, economiche e lavorative, ha messo in dubbio perfino gli elementi basilari della socializzazione, minando la coesione.
Quattro sono le fratture da ricomporre. È giusto porle in evidenza proprio nel giorno di festa, per guardare al futuro con senso di responsabilità, affidandoci al santo patrono affinché possa donarci saggezza e giustizia; affinché la memoria della sua azione possa rappresentare una bussola che orienti l’operato di quanti sono chiamati a collaborare per il bene comune in città e nell’intero territorio lodigiano.
La prima frattura riguarda gli ultimi, quanti vivono ai margini della società lodigiana in senso figurato ma anche in senso fisico. Pensiamo ai senzatetto che ciclicamente trovano riparo sotto il ponte della tangenziale. La Casa San Giuseppe, voluta dalla Diocesi e inaugurata lo scorso dicembre, è una risposta coraggiosa all’emergenza ma è soprattutto un punto di partenza perché rappresenta un modello nuovo, non più solo un dormitorio ma un ambiente nel quale gli ultimi possono ritrovare il senso di umanità (fare una doccia o lavare la propria biancheria sono piccoli gesti, ma fondamentali quando non si ha nulla) e iniziare un percorso per “ritrovarsi”. La sfida è ora quella di aiutare a rimettersi in piedi quanti sono finiti al fondo della società, sostenendoli in un percorso di autonomia, come ha ricordato di recente il direttore della Caritas di Lodi Carlo Bosatra (incontro ai Lions, dicembre 2021).
La seconda frattura riguarda il mondo del lavoro. Il Covid ha impattato in maniera drammatica su quanti avevano un’occupazione precaria, soprattutto nel settore dei servizi (in provincia di Lodi molto sviluppato) e si sono trovati sovente senza ammortizzatori sociali. La pandemia ha aggravato una condizione sociale, quella dei working poor, particolarmente diffusa negli Stati Uniti ma che sta emergendo anche nei nostri territori. Working poor, tecnicamente lavoratori poveri: sono coloro che pure hanno un’occupazione, soprattutto nei servizi, ma non riescono a vivere con lo stipendio che percepiscono perché hanno contratti di poche ore al giorno e una famiglia da mantenere. A Lodi si trovano in questa situazione ad esempio alcune famiglie monogenitore, spesso con la sola figura materna e sappiamo bene quanto il Covid ha inciso negativamente sull’occupazione femminile. Sono woorking poor una parte dei lodigiani che bussano alle porte della Piattaforma per la raccolta del cibo e tra di essi non vi sono soltanto stranieri, ma anche famiglie italiane che hanno visto peggiorare in maniera repentina il tenore di vita.
La terza frattura riguarda giovani e giovanissimi. È accertato ormai che la pandemia ha influito negativamente sul mondo della scuola, sulla formazione e sulla socializzazione. Oggi serve una sforzo eccezionale che parta dal pubblico, dalle amministrazioni comunali, e che metta a sistema gli educatori, le parrocchie, le società sportive. Dobbiamo aiutare giovani e giovanissimi a ritrovare la normalità, dobbiamo guidarli lasciando loro intendere che alcol e droga, il cui consumo è cresciuto in questi due anni, non sono la soluzione e la vita merita di essere vissuta diversamente. Nessun intento moralizzatore, ben inteso, ma è intollerabile assistere a ragazzini che vagano la sera per il centro storico di Lodi con in mano bottiglie di superalcolici (bastava percorrere corso Umberto lo scorso sabato attorno alle 22 per rendersene conto). È una sconfitta per tutti quando a 13-14 anni si finisce in pronto soccorso per intossicazione etilica (la questura segnala quattro casi nelle ultime settimane). Significa ch e qualcuno sta giocando e guadagnando sulla pelle dei nostri figli. È urgente fare qualcosa e i Comuni devono stanziare più risorse per i controlli della polizia locale e per le attività di prevenzione.
La quarta frattura è prettamente sociale, si sta allargando a vista d’occhio e non possiamo permettercelo. La campagna vaccinale in Lombardia e nel Lodigiano ha raggiunto numeri importanti - e questo è p ositivo - rimane però una parte minoritaria della popolazione che per varie ragioni non intende vaccinarsi e contesta i provvedimenti del governo. Non è qui il caso di entrare nel merito - «il Cittadino» in tutti questi mesi ha più volte preso chiaramente posizione -, al di là di come la si pensi è opportuno oggi lavorare per ridurre lo scontro sociale, per non creare situazioni di “ghettizzazione”, per tentare di ricomporre le divisioni. È un’opera faticosa ma fondamentale, pienamente cristiana. Dopo due anni di pandemia lo scontro sociale è un rischio che non possiamo permetterci. E in questo caso gli uomini di buona volontà, animati dall’esempio di San Bassiano, sono chiamati a u n supplemento di pazienza e di buon senso.
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