LODI Matteotti fu testimone di libertà

Alla Bcc Centropadana l’incontro organizzato dal “Cittadino” sulla figura del politico ucciso dai fascisti

A pochi giorni dal centenario della morte, Giacomo Matteotti rivive assieme ai suoi ideali nell’approfondimento organizzato dal Cittadino ieri pomeriggio alla Banca Centropadana di corso Roma. Assieme al direttore del quotidiano Lorenzo Rinaldi, moderatore dell’evento, tre storici come Ferruccio Pallavera, Angelo Stroppa e Ercole Ongaro. È stato proprio quest’ultimo ad inquadrare la figura di Matteotti nell’Italia a cavallo tra gli anni ’10 e gli anni ’20: «Matteotti fu un testimone di libertà, giustizia e non violenza, membro del Partito Socialista nella sua parte riformista e antimilitarista. Matteotti riteneva che la guerra andasse sempre sabotata. Alla Camera denunciò le violenze squadriste che etichettò come associazione a delinquere. Nel 1922 Matteotti fu costretto alla semiclandestinità in una situazione di grandissime violenze. Tutto peggiorò con le politiche del 1924 vinte con irregolarità dal blocco formato da fascisti e liberali. Poiché denuncio questa illegalità, il 10 giugno fu rapito e assassinato dagli squadristi». Quindi parola a Stroppa, a cui è toccato il compito di tratteggiare i lineamenti di Albino Volpi, «uomo dallo sguardo cattivo, gli occhi piccoli e la bocca larga, camicia nera lodigiana che sarà tra i protagonisti dell’azione violenta che mise per sempre a tacere il segretario del Partito Socialista. Volpi nacque a Lodi nel 1889, tra il Borgo e la Maddalena. Di professione ebanista, pluripregiudicato, nel 1914 si trasferì a Milano, per prender parte alla nascita dei Fasci di combattimento. Si guadagnò uno spazio anche negli “Arditi” e nei “Caimani del Piave”. Braccio armato di Mussolini, nel 1939 chiuse una vita vissuta sul filo dell’illegalità».

Infine Pallavera, che ha aiutato i numerosi presenti a capire che clima si respirasse negli anni ’20 in provincia: «Dalla metà del 1922 le amministrazioni comunali del Lodigiano liberamente elette furono spazzate via dalla violenza fascista. Chi decise di resistere fu torturato e vessato. Tutto ciò è figlio della violenza che ha scandito il Dopoguerra e in generale la Prima Guerra Mondiale. Dal ’19 al ’22 i morti ammazzati nel Lodigiano saranno 43, numero elevatissimo». Pallavera ha anche citato don Giovanni Quaini, presbitero e antifascista lodigiano, direttore tra il ’10 ed il ’20 dell’allora settimanale Il Cittadino. In apertura dell’incontro i saluti della Centropadana da parte di Marco Minoia, responsabile marketing della banca.

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