
Lodi: morì con l’ultraleggero a 16 anni, dopo 15 anni non c’è stato nessun risarcimento
LA PROTESTA Papà e zio di Silvia Bianchini espongono per ore cartelli davanti al tribunale
Lodi
Era la Pasquetta del 2010, il 6 aprile, quando Silvia Bianchini, la studentessa che per il suo 16esimo compleanno voleva provare l’emozione di un volo su un ultraleggero, morì precipitando nel fiume Adda all’altezza della cascina Barbina assieme al pilota e proprietario del velivolo, il 62enne Giacomo Andena, bancario in pensione. Da allora sono passati 15 anni e «abbiamo speso tutto in cause legali e non abbiamo ancora ottenuto alcun risarcimento» raccontano il papà Fabrizio, a lungo titolare del bar Torrione in piazzale Fiume, e lo zio Pietro. Loro sono convinti che se il tribunale di Lodi avesse subito disposto un sequestro sull’eredità dei pilota, una garanzia che avevano richiesto dopo aver scoperto che l’assicurazione dell’ultraleggero «era scaduta», tutto si sarebbe risolto in tempi brevi. E invece il patrimonio del 62enne risulta aver preso la via del Lussemburgo e, ora che il tribunale di Lodi ha disposto la revocatoria della cessione di quei beni, non sarebbe rimasto molto, sempre che sia ancora possibile recuperare qualcosa. «Silvia già ci aiutava nel bar noi e sognava di aprire un agriturismo. Noi quel sogno, nel ricordo di una ragazza che credeva nel lavoro della sua famiglia, non abbiamo potuto realizzarlo - spiega il papà -. Non siamo qui con i cartelli contro qualcuno, ma perché vogliamo una giustizia capace di tutelare tutti. Quello che è successo alla nostra famiglia può capitare a chiunque».
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