Lodi: «Per i disabili nelle scuole medie c’è il deserto dell’assistenza»

Sono bambini come gli altri. O almeno dovrebbero, ma non è così visto che non hanno tutti gli stessi diritti. Chi ha dei figli con una disabilità se ne rende conto fin dall’infanzia e dopo le elementari le difficoltà diventano ancora più evidenti. Il grido d’allarme arriva proprio dai genitori. Esiste una legge regionale, la 25 del 2022, che dovrebbe consentire ai ragazzi di avere i cosiddetti “Progetti di vita individuali”, ma non è sufficientemente finanziata. I bisogni aumentano, i posti nei centri sono limitati e i genitori sono in difficoltà. Tra questi c’è Laura (il nome è di fantasia per tutelare le sue figlie minorenni), mamma di Sabrina, una bambina di 11 anni con la sindrome di Leigh, una malattia mitocondriale che la rende insufficiente in tutto: la piccola non cammina, non verbalizza e non mangia da sola. Laura ama il suo lavoro ed è riuscita a mantenerlo fino ad oggi perché Sabrina rimane a scuola fino alle 16.30. La mamma pensava che alle medie la figlia avrebbe potuto frequentare il doposcuola, come fanno tutti gli altri bambini. Quando ha incominciato a informarsi, però, ha scoperto che no, non è così scontato come lo è per i bambini neurotipici. «Ho chiamato la referente del doposcuola dell’istituto dove andrà mia figlia a settembre - racconta - e, sapendo che frequentano ragazzi e ragazzi con disabilità ero serena: mi ha detto, invece, che prendono in carico solo Bes (Bisogni educativi speciali), Dsa (disturbi dell’apprendimento) e autistici. Mia figlia, anche se non è verbale e deve essere aiutata in tutto, persino a mangiare, è una bambina che si integra, comunica comunque e ha bisogno di stare con i coetanei. Mi è stato detto: “Non abbiamo le risorse, non abbiamo gli spazi”. Questa cosa, sentita da chi si occupa di disabilità, mi ha fatto tanto male».

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