Canto del cigno per la centrale operativa del 118 di Lodi. Da oggi pomeriggio, l’Azienda ospedaliera dice addio ad uno dei suoi servizi migliori partito il primo marzo del 1998. In campo 24 ore su 24 per salvare gli ammalati. Circa 48mila all’anno le richieste di soccorso.
Intorno alle 14.30, al termine delle prove tecniche, la centrale operativa di Lodi sarà accorpata a quella di Pavia. «Per i cittadini non cambierà nulla», commentano Maurizio Raimondi e Giorgio Beretta, responsabili delle centrali di Pavia e Lodi (chiamate Aat, Articolazione aziendale territoriale). «Invece di rispondere da Lodi, gli operatori risponderanno da Pavia. I mezzi – dicono i responsabili – resteranno sul territorio, anche se vogliamo creare una situazione di integrazione migliore tra tutti i mezzi della Lombardia. I dettagli saranno resi noti dal nostro direttore generale che domani (oggi, ndr) sarà a Lodi per supervisionare il trasferimento da una provincia all’altra». Per quanto riguarda la guardia medica l’unico numero sarà 800-940.000, valido sia dal fisso che dal cellulare. A Lodi, attualmente, lavorano 29 persone tra infermieri e operatori e 10 medici, oltre a circa 40 gettonisti suddivisi al 50 per cento tra medici e infermieri. Il personale ora sarà riorganizzato. «Un operatore e circa 6 infermieri hanno deciso di cambiare lavoro – spiega Beretta – un operatore, invece, sarà a Pavia per un mese per traghettare il passaggio. Tre persone ora più altre 3, nei prossimi mesi, invece, saranno trasferiti in vari reparti dell’ospedale. Tutti gli altri colleghi continueranno ad occuparsi dei soccorsi. La nostra postazione sarà adiacente al nuovo pronto soccorso, reparto con il quale lavoreremo gomito a gomito, in uno scambio reciproco di mansioni».
Nel Lodigiano saranno attivi 2 mezzi di soccorso intermedio di giorno, 2 automediche per 24 ore e un mezzo di soccorso intermedio di notte. I lodigiani, secondo Raimondi, hanno tutto da guadagnare. «Man mano che diminuiscono le centrali, aumenta la loro sicurezza – commenta -. D’ora in poi, nel caso salti la linea telefonica, a differenza del passato, un’altra centrale interverrà immediatamente in suo supporto. I cittadini devono stare tranquilli».
Per gli operatori, invece, questi sono giorni tristi. «La centrale era la nostra casa», si confidano Paola Anelli e Giovanni Delbue, una vita a fare questo lavoro. «La centrale – sospirano – ci mancherà. Eravamo un bel gruppo. La sera, quando si usciva, poi si tornava qua. Si parlava degli eventi, ci si confrontava». Anelli resterà a gestire tutto il lavoro di segreteria, mentre Delbue sarà l’operatore inviato a Pavia per circa un mese. Passerà le sue conoscenze sui lati più oscuri del territorio che si dipana tra campagne e cascine. «Questa per noi è anche una missione», raccontano. Anelli, infatti, quando non è in centrale, fa la volontaria alla croce. Il soccorso e il rapporto con i malati per lei è tutto. «Poter dare la mano al vecchietto quando ne ha bisogno, aiutare un paziente e sapere poi che ce l’ha fatta, sono belle soddisfazioni, impagabili - dice -. Domani saremo qui con le lacrime agli occhi». E poi la centrale è nata con lui, il medico Rinaldo Cantadore, recentemente scomparso. «Per noi è stato come un padre - ammettono con il groppo in gola -. Ci ha insegnato tante cose. Andarcene di qui è una tristezza». Un collega con la vena poetica si è lasciato andare persino a una catena di versi che sono finiti sulle pareti. “Cara vecchia centrale - ha scritto - con te si spegneranno gioie e dolori, odori e rumori, ma stai pur certa, e lo sai, che nei nostri cuori sempre rimarrai”.
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