Mafia, ecco come veniva ripulito il denaro
I flussi di contante e i rapporti dei fratelli lodigiani con tre banche del territorio e del Cremonese ricostruiti nell’ordinanza dei magistrati di Milano
Duecentomila euro. È la cifra che Pino Porto, arrestato nell’operazione antimafia Esperanza portata a termine la scorsa settimana in Lombardia, avrebbe consegnato a due imprenditori lodigiani, di origini siciliane, in più riprese tra l’aprile 2008 e l’aprile 2009. I flussi di denaro e i rapporti dei due fratelli I.C. ed F.C. con tre banche di credito cooperativo lodigiane e cremonesi, sono ricostruiti nelle 558 pagine dell’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano Stefania Donadeo, che ha portato a una raffica di arresti, denunce e perquisizioni. Durante il blitz gli uomini della squadra mobile della polizia hanno bussato anche alla porta di Cinzia Mangano, figlia dell’ex stalliere di Arcore e formalmente residente a Tribiano, al confine tra il Lodigiano e il Milanese. L’operazione ha sgominato un’organizzazione che lavorava nella “giungla” delle cooperative (gestivano facchini, autisti, centralinisti e portieri), sfruttando immigrazione clandestina e il sistema delle false fatturazioni. Il ricavato veniva poi impiegato - sempre secondo la ricostruzione degli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia - per investimenti immobiliari, ma anche per sostenere le famiglie degli affiliati.
Parte di questi soldi,di provenienza illecita, sono arrivati anche nel Lodigiano, attraverso un meccanismo preciso, che non metteva mai direttamente in contatto chi i soldi li versava (Porto) e chi li riceveva (i due fratelli I.C. e S.C.). «Le modalità delle consegne del denaro - scrive il Gip nell’ordinanza - sono chiaramente indicative dell’essere il denaro di provenienza illecita. Luogo scelto da Pino Porto per la consegna del denaro è (in prevalenza, ndr) il distributore Esso di Milano, in piazza Corvetto, una vera e propria base operativa del sodalizio. Nel momento in cui avvengono le consegne del denaro - sostiene ancora il Gip - i fratelli I.C. e S.C. effettuano nel Lodigiano alcuni investimenti nel settore immobiliare, per importi assai rilevanti, anche grazie all’apporto di alcuni compiacenti funzionari di banca attraverso i quali ottengono finanziamenti».
Le banche chiamate in causa sono la Bcc Offanengo, la Bcc Centropadana e la Bcc di Borghetto. La Offanengo oggi non esiste più. Per le altre due banche, a dire il vero, dall’ordinanza non emergono comportamenti particolarmente gravi o quantomeno estendibili all’intera struttura degli istituti di credito. Il Gip si concentra invece sull’operato di singoli funzionari o capi filiale. Un esempio: il 10 settembre 2008 S.C. acquista terreni edificabili ed agricoli a Casteggio per una somma di 580mila euro. «Nella stessa data - scrivono gli inquirenti - stipula due contratti di mutuo rispettivamente pari a 650mila euro con ipoteca di 1 milione 300mila euro sui terreni edificabili, e di 540mila euro con ipoteca di 1 milione 125mila euro sui terreni agricoli, per un totale complessivo di 1 milione 190mila euro di mutuo. I contratti di mutuo vengono quindi stipulati dalla banca per un valore esattamente pari al doppio dei terreni che vengono acquistati».
La prima consegnadi denaro “intercettata” avviene il 10 giugno 2008. Il 14 ottobre 2008 un parente di S.C. ritira invece 100mila euro in contanti nel corso di un incontro al distributore di piazzale Corvetto. I soldi sono nascosti in una busta di plastica della spesa. All’uscita del casello autostradale di Lodi il “corriere” viene bloccato dagli inquirenti per quello che sarebbe dovuto apparire un controllo casuale: «Interpellato in relazione alla somma di denaro in suo possesso», il corriere «ha detto alla polizia di averla prelevata in contanti in banca il giorno precedente per versarla poi su un altro conto corrente». Dopo il controllo, il “corriere” (sempre pedinato) non consegna i soldi a S.C., ma al titolare di un bar di Lodi (in città bassa), che secondo gli inquirenti sarebbe «punto di riferimento stabile di S.C.». Altre consegne vengono ricostruite dagli inquirenti il 12 novembre 2008 e il 16 dicembre 2008. In quest’ultimo caso i soldi sono contenuti in un vistoso pacco regalo. L’auto utilizzata per la consegna viene fermata sempre al casello di Lodi, ancora per un controllo che doveva apparire casuale: i poliziotti trovano circa 10mila euro, custoditi in una mazzetta in tagli da cento euro. C’è infine la consegna del 23 gennaio 2009.
Dall’aprile 2009, poi, inizia lentamente la restituzione del denaro a Porto. «Le somme - scrivono gli inquirenti - gli vengono consegnate in contanti e in tranches di 10mila euro alla volta e sempre con modalità indicative della volontà di non lasciar traccia alcuna dell’investimento effettuato». Ecco un esempio. Il 7 luglio 2009 Porto raggiunge un bar di Massalengo «per ritirare la somma di denaro prevista dall’accordo».
Nell’occasione «S.C. si fa passare al telefono il proprietario del bar, invitandolo a prendere 10mila euro dalla busta che gli è stata consegnata e a darli “a questo che ti ha passato il telefono”, ovvero Porto».
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