Metodo anti-assenteisti dalla Zucchetti

Altro che intelligente. Il cartellino inventato da Zucchetti è capace di fare molto di più che “timbrare” l’orario d’ingresso al lavoro: è in grado di smascherare con una sola “strisciata” anche il più abile dei “fannulloni”, perché, come sanno bene tutti i “Csi” (agenti del crimine tra i più specializzati), le impronte digitali non mentono.

E così, il capo ufficio non dovrebbe più tenere gli occhi ben aperti per vigilare sulle scrivanie, mentre i tesserini di carta, quelli infilati in bella vista nelle bacheche, non potrebbero più tassativamente passare di mano in mano nel tentativo di “coprire” chi non è in servizio. Gli assenteisti, insomma, non avrebbero scampo.

In tutto questo c’è solo un problema: il cartellino “anti-fannulloni” non può essere utilizzato, il garante della privacy non lo consente. Ma solo in Italia, perché in altri paesi questo sistema è già operativo.

La software house lodigiana sa benissimo quale impatto hanno avuto sull’opinione pubblica alcune notizie: dipendenti pubblici che abbandonano il posto di lavoro per fare la spesa, impiegati che utilizzano il badge dei colleghi assenti per simularne la presenza. Pratiche che per la Zucchetti potrebbero essere eliminate una volta per tutte e senza difficoltà, grazie all’introduzione di un “sistema di rilevazione presenze basati sul riconoscimento biometrico”.

In poche parole, ogni tesserino è associato a un’impronta digitale, che però viene “tradotta” in un codice alfanumerico: un cartellino può corrispondere solo a un dipendente, nel caso in cui un impiegato dovesse utilizzare il tesserino di un “collega assenteista”, il badge non potrebbe segnalare né l’ingresso né l’uscita dal posto di lavoro.

La società sottolinea che il sistema è in grado di tutelare anche i dipendenti, perché la modalità di funzionamento non prevede la nascita di banche dati centralizzate di impronte digitali.

Le aziende, inoltre, non avrebbero a disposizione le impronte digitale del personale, ma solo il codice alfanumerico ad essi associato.

«I terminali di rilevazione presenze basati sulla biometria sono già utilizzati da tempo in tutto il mondo, soprattutto negli Stati Uniti, non solo per il controllo accessi ma anche per la rilevazione presenze - dichiara Domenico Uggeri, vicepresidente Zucchetti -, mentre in Italia il Garante della privacy giudica questa tecnologia “sproporzionata” rispetto alla necessità per l’ente pubblico o l’azienda di verificare l’effettiva presenza del dipendente sul luogo di lavoro. Purtroppo i frequenti casi di abbandono temporaneo del posto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, saliti alla ribalta delle cronache locali e nazionali in questi mesi, dimostrano il contrario. Zucchetti ha già pronti da anni rilevatori biometrici che rispettano la privacy del dipendente e che allo stesso tempo ne garantiscono la reale presenza al momento della timbratura, ma finora la legge non ne ha consentito l’utilizzo. Crediamo sia giunta l’ora di rivedere questa disposizione perché sarebbe un segnale concreto della volontà dello Stato di tutelare i dipendenti virtuosi e di punire assenteisti e fannulloni».

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