Oltre 50 reparti e 675 posti letto
Ecco la fotografia dei quattro ospedali che, nelle intenzioni del direttore generale Rossi, in futuro saranno radicalmente modificati
Oltre 50 reparti, esclusi i servizi e 675 posti letto in funzione. È questa la fotografia dei quattro ospedali lodigiani che è cambiata radicalmente nel corso degli anni. I letti accreditati, infatti, sono 927, circa 250 in più di quelli attualmente utilizzati. Secondo il direttore generale dell’Azienda ospedaliera Giuseppe Rossi, una strutturazione di questo tipo sarà solo un ricordo.
Già dalla prossima primavera, infatti, a Lodi nascerà l’area ad alta intensità di cure, che ha fatto e sta facendo discutere il personale ospedaliero.
La suddivisione dei malati, secondo quanto previsto nel primo piano organizzativo aziendale della direzione Rossi, quello steso nel 2008, dovrebbe avvenire non tanto per patologie, quanto per gravità.
«I nostri quattro ospedali - spiega Rossi - saranno concepiti in modo completamente diverso, cioè per carico assistenziale. È da tre anni che ci stiamo lavorando. È uno sforzo enorme. I pazienti critici che necessitano di alta intensità assistenziale, gli infartuati, le persone con l’ictus, quelle che fanno fatica a respirare o sono da rianimare, andranno nella nuova area al sesto piano che apriremo a breve. Gli altri pazienti, invece, saranno ricoverati nei reparti di degenza ordinari e saranno gestiti con altri percorsi diagnostici terapeutici. Tutte le modalità di gestione del malato devono essere riviste. Il modello è quello di Bergamo, ma non sarà applicato senza un aumento di personale».
Rossi annuncia una rivoluzione anche per quanto riguarda il Pronto soccorso. «Potenzieremo tutte le attività di diagnosi e cura - spiega -. Ci sarà un vero Dea, cioè un vero reparto per la medicina d’urgenza. Ci stiamo lavorando. Il Pronto soccorso è la base di tutto».
Secondo Rossi, i quattro ospedali lodigiani non subiranno nè chiusure, né accorpamenti di sorta. «Intanto - fa notare - da quando siamo arrivati noi la situazione è radicalmente mutata. I 4 presidi non sono più concepiti come blocchi monolitici a sé stanti, ma come parte di un’unica azienda. Non ci sono più campanilismi e lotte di possesso di piccole proprietà. Sant’Angelo e Casale saranno sempre più centri a bassa unità assistenziale. Andremo verso l’aumento della riabilitazione, compresa quella respiratoria. La nostra proposta è di destinare gli spazi vuoti degli ospedali di Casale e Sant’Angelo per forme aggregate di medicina di famiglia. Questo per far nascere i famosi ospedali di comunità. Siamo in attesa delle nuove linee di indirizzo per avviare gli accordi con l’Asl. Per quanto riguarda il punto di primo intervento di Sant’Angelo, noi abbiamo fatto presente che è pericoloso, in quanto collocato in un ospedale che non è per acuti. Vorrei che fosse la popolazione ora a rendersene conto. È pericoloso per la gente e anche per gli operatori. Non vogliamo chiuderlo per una questione economica, solo di sicurezza. A questo punto siamo nelle mani degli amministratori. Quando abbiamo chiuso il punto di primo intervento di Casale non è successo nulla di drammatico. Per 6 mesi abbiamo tenuto sorvegliato il servizio, fino a quando la popolazione ha capito che il servizio era chiuso».
L’ospedale di Codogno «resterà per acuti - dice Rossi - e l’ortopedia resterà aperta. Per quanto riguarda la radiologia, con l’avvento del nuovo primario, il servizio sarà rivoluzionato. A Lodi, poi, abbiamo iniziato l’ambulatorio delle prime visite cardiologiche. Adulti e bambini non saranno più mandati in giro per l’ospedale con la ricetta rossa in mano per prenotare ecografie ed esami in più. Durante la visita verranno effettuate immediatamente l’ecografia e le altre valutazioni diagnostiche. Un grande cambiamento dal punto di vista della qualità. L’ambulatorio resterà aperto tutti i giorni dalle 9 alle 17 e il sabato dalle 9 alle 13. Non è poco. A breve, invece, apriremo il nuovo reparto di pediatria del Maggiore».
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