Oussene Sy «sano di mente», il processo è alle battute finali
Sentenza a metà luglio per il 48enne senegalese di Crema che dirottò un bus pieno di studenti il 20 marzo del 2019 sulla Paullese
«Ha agito per motivazioni ideologiche tutte sue, compiendo un gesto estremo. Come facevano le Brigate Rosse, che invece commettevano illeciti facendo riferimento comunque a loro un’ideologia, ma condivisa all’interno di un gruppo. Comunque, atti compiuti con lucidità, con una loro logica»: così l’avvocato Antonio Ennio Andronico di Bergamo, che assiste numerose famiglie dei bambini sequestrati e anche il Comune di Crema, costituiti parte civile, commenta la perizia psichiatrica depositata nelle scorse ore in tribunale a Milano che definisce «non affetto da alcun disturbo psichiatrico codificato» il senegalese di 48 anni che il 20 marzo del 2019 dirottò un pullman scolastico sulla Paullese, dopo averlo cosparso di benzina, aver fatto oscurare i finestrini e aver fatto legare gli alunni trasportati con delle fascette. L’uomo, Oussene Sy, indagato in passato per molestie a una passeggera adolescente, quella mattina doveva semplicemente portare gli alunni delle medie Vailati di Crema dalla scuola alla palestra, fuori sede, invece imboccò la Paullese annunciando di avere l’intenzione di entrare nell’aeroporto di Linate per un gesto dimostrativo, per creare una notizia che arrivasse fino in Africa e convincesse tanti africani a non venire più in Europa con i gommoni rischiando la vita, e che sensibilizzasse il governo italiano di allora, con la Lega in maggioranza, verso le ingiustizie e i morti annegati in mare a suo dire causati dal “decreto sicurezza bis”. Un gesto premeditato, è emerso dal processo, che lo vede accusato di strage, sequestro di persona e incendio. Sul pullman c’erano 51 alunni, due insegnanti e una bidella. L’autista senegalese, da anni al servizio di Guidovie e con un passato da conducente di bus nel Lodigiano, si era fatto consegnare tutti i telefoni cellulari ma naturalmente qualcuno aveva disobbedito, e due alunni, Adam e Ramy, avevano contattato a bassa voce, chinati dietro gli schienali, il “112”. Dato che in quel momento il bus transitava da Zelo, era toccato alla centrale della compagnia carabinieri di Lodi di dover capire che non era uno scherzo, per quanto sopra le righe apparisse il racconto dei ragazzini che dicevano di trovarsi su un pullman dirottato, e di far confluire le gazzelle di Lodi e di San Donato sulla ex statale fino a improvvisare un finto ingorgo e intrappolare il bus. L’appuntato scelto Maurizio Atzori aveva risposto alla chiamata, e per questo ha ricevuto anche la medaglia d’oro al merito civile.
Il processo in corso in corte d’assise a Milano sta confermando scena dopo scena quella mezz’ora di terrore, e ora, dopo che lo psichiatra del carcere di San Vittore aveva diagnosticato per il senegalese problemi mentali, i consulenti della corte d’assise Renato Ariatti e Franco Martelli lo hanno escluso.
Entro la metà di luglio si potrebbe arrivare a sentenza, dato che lunedì prossimo riprenderà il processo.
Sulla vicenda interviene l’assessore regionale alla sicurezza Riccardo De Corato, che chiede il rimpatrio del senegalese dopo che abbia scontato la sua condanna: «Fortunatamente non sono servite a nulla le dichiarazioni farneticanti fatte durante il processo che magari potevano far ottenere uno sconto di pena per infermità mentale. Speriamo, ora, che la sentenza dia giustizia alle famiglie e ai ragazzi segnati, probabilmente per tutta la vita, dalla vicenda».
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