PARLA BERTOLASO «Per le liste d’attesa nel Lodigiano abbiamo stanziato un milione»

Secondo l’assessore regionale la carenza di medici è dovuta a una carenza di programmazione a livello nazionale

Liste d’attesa, rapporto tra sanità pubblica e privata, case di comunità, carenza dei medici di famiglia, abbiamo chiesto delle risposte all’assessore regionale alla sanità Guido Bertolaso.

Liste d’attesa, un problema: quali azioni avete messo in campo a Lodi?

«In provincia, nel 2022, è stato impiegato circa 1 milione di risorse aggiuntive che ha consentito di erogare 359 interventi chirurgici e oltre 5mila prestazioni di specialistica ambulatoriale in più rispetto alla capacità produttiva ordinaria, di cui 2mila in orari serali e in giorni prefestivi o festivi. Nella programmazione per l’anno 2023 queste risorse sono state confermate, in modo da permettere all’Asst di mantenere incentivi per i medici e gli infermieri che danno disponibilità a svolgere ore aggiuntive di ambulatorio per dare risposte ai cittadini».

In Lombardia il rapporto sanità pubblica e privata è sempre sotto attacco perché a vantaggio di quest’ultima. I privati tengono per loro le attività più remunerative e lasciano al pubblico il resto?

«Il sistema sanitario regionale è ispirato al principio di sussidiarietà e sinergia tra erogatori pubblici e erogatori privati accreditati e a contratto che concorrono a comporre la rete di offerta per cittadini. La programmazione regionale e di Ats tendono attraverso la contrattualizzazione a soddisfare in manieri equa il fabbisogno di salute dei vari territori. Per quanto riguarda la provincia di Lodi poi, l’attività ospedaliera è esclusivamente erogata dall’Asst che quindi ha il compito di garantire per il proprio territorio l’attività di emergenza e urgenza, attraverso i pronto soccorso di Lodi e Codogno e quella di ricovero, attraverso i 4 presidi ospedalieri dell’Asst».

Il suo pensiero sull’agenda unica che comprenda anche le strutture convenzionate?

«Regione Lombardia ha molto investito in questi anni per arrivare ad avere un unico canale di accesso alle prenotazioni di ambulatoriale che permetta ai cittadini più semplicità ed equità nell’accesso alle prestazioni ambulatoriali. È stata quasi ovunque completata l’integrazione dei sistemi informatici e oggi i lodigiani dispongono di un sistema con cui possono prenotare chiamando il numero verde delle prenotazioni, attraverso le farmacie, gli sportelli degli erogatori o anche attraverso la applicazione Salutile.

Un risultato molto importante per migliorare trasparenza e operatività, che oggi è oggetto di continuo controllo e monitoraggio, in modo che tutte le agende siano effettivamente pubblicate e prenotabili».

Un grave problema è quello della carenza dei medici di famiglia e dei pediatri, lei cosa ha in mente?

«Il problema dell’arruolamento dei medici di medicina generale non riguarda solo la provincia di Lodi, ma la gran parte delle Regioni d’Italia. In questi anni, per far fronte a questo problema che nasce da una programmazione nazionale carente, abbiamo aumentato il numero di posti delle scuole di specializzazione per medici di famiglia con risorse regionali, abbiamo istituito poli formativi più decentrati (uno anche presso l’Asst di Lodi); abbiamo avviato alla professione anche i medici in formazione e aumentato il tetto di assistiti che ogni medico può assistere. Nella programmazione per il 2023 sono stati approvati progetti per garantire a chi è rimasto senza medico di famiglia, l’erogazione di visite presso altri studi di medici e abbiamo istituito nelle situazioni più critiche servizi di guardia medica diurna. Sono poi aumentati gli incentivi legati a progetti di governo clinico che migliorino i servizi per i cittadini e stiamo rimodernando la rete informatica degli studi. Anche nella prossima legislatura intendiamo continuare ad investire per arruolare nuovi medici, eliminare burocrazia a favore di attività clinica, e soprattutto integrare meglio il lavoro dei medici di famiglia con quello delle strutture territoriale per la presa in carico dei pazienti cronici».

Case di comunità, a che punto è l’attuazione in provincia di Lodi? C’è un modo per coinvolgere i medici di famiglia? Già nella precedente riforma non c’era stata una collaborazione.

«In provincia di Lodi sono state avviate le case di comunità di Sant’Angelo, Codogno e Casale. Come previsto dal Dm 77/2022 e dalle Dgr di attuazione, si è avviato il processo di revisione organizzativa sul territorio, partendo dalla riorganizzazione dell’offerta territoriale e implementando le novità contenute nell’atto programmatorio nazionale, strettamente correlato ai fondi resi disponibili dal Pnrr. Su tutti i territori, compreso Lodi, si sono avviati confronti con i medici di medicina generale e i pediatri al fine di coinvolgerli nella realizzazione di tale riorganizzazione. Un passaggio importante a questo proposito è stato in tale proposito la costituzione delle Aggregazioni funzionali territoriali (5 in provincia di Lodi) e l’elezione da parte di Medici di famiglia e pediatri del coordinatore. In base agli accordi integrativi regionali con medici di medicina generale e pediatri, tale organismo ha sede funzionale nelle case di comunità. Nell’ambito delle novità previste sono stati istituiti in tutte le case di comunità i Punti unici di accesso, che non sono un mero ufficio informazioni ma uno strumento di presa in carico dei bisogni del cittadino sia sul versante sanitario, socio-sanitario che sociale, anche grazie all’integrazione di varie professionalità compresi gli assistenti sociali dei Comuni. Di particolare rilevanza in provincia di Lodi è l’avvio dell’integrazione, promosso da Asst e dagli uffici del piano di zona, tra cartella sociale di tutti i Comuni e cartella socio-sanitaria di Asst con l’obiettivo dell’integrazione, condivisione delle misure di competenza di ognuno e di presa in carico globale del cittadino».

Il pronto soccorso non riesce a ricoverare celermente in reparto i suoi pazienti per mancanza di posti letto, si trova a gestire gli accessi indiscriminati di codici minori e deve far fronte alla carenza del personale. Lodi ricorre ai medici liberi professionisti (sempre gli stessi), a Vizzolo invece si fa ricorso alle cooperative.

«A Lodi si è operato un forte investimento di integrazione di tutta l’area dell’emergenza urgenza, compresa l’articolazione territoriale di Areu. Tale forte sinergia ha consentito progressivamente di dismettere le cooperative presenti in Pronto soccorso e Terapia intensiva, incentivando i colleghi presenti in organico».

Quanti posti letto sono stati tagliati negli ospedali lodigiani negli ultimi 10/20 anni?

«L’evoluzione della medicina negli ultimi 20 anni, soprattutto in ambito chirurgico, ha portato ad una progressiva riduzione della necessità di ricovero o della durata dello stesso. Attualmente l’Asst di Lodi ha 700 posti accreditatati e più di 200 posti tecnici, in linea con quanto indicato dal Dm70 del 2015 che ha definito la dotazione di posti letto accreditati ed effettivamente a carico del Sistema sanitario regionale».

La provincia di Lodi fa parte di Ats Milano, rischia di essere sottovalutata?

«Fin dall’istituzione dell’Ats città metropolitana i lodigiani hanno avuto questo timore, ma direi che i fatti di questi anni hanno dimostrato che il territorio della Provincia di Lodi non solo non è stato penalizzato, ma ha trovato grandi opportunità nella sinergia con le strutture dell’area metropolitana. L’istituzione dei 2 distretti alto e basso Lodigiano presso l’Asst di Lodi, che gestirà anche le assemblee dei sindaci, è comunque un provvedimento che va nella direzione di una maggiore attenzione ai territori».

Siamo usciti dalla pandemia?

«Stiamo lentamente uscendo dall’emergenza pandemica grazie soprattutto alla campagna vaccinale: bisogna essere prudenti, non abbassare la guardia, monitorare l’andamento dei contagi e l’insorgenza di nuove varianti ma parallelamente abbiamo la possibilità di riconquistare le nostre libertà».

Si possono aprire i reparti alle visite?

«Dalla scorsa primavera, in accordo con le direttive ministeriali, abbiamo progressivamente aperto alle visite dei parenti, negli ambulatori, nei reparti di degenza e nei pronto soccorso. Le direzioni sanitarie hanno costantemente monitorato la possibile insorgenza di focolai all’interno dei reparti e talvolta si sono viste costrette a ridurre e sospendere temporaneamente le visite a tutela dei soggetti più fragili. Si sono progressivamente ridotti anche gli adempimenti richiesti ai visitatori per accedere ai reparti (green pass e tamponi): è di questi giorni una circolare inviata alle strutture dove permettiamo a tutti i caregiver di poter assistere il propri cari nei reparti e nei pronto soccorso, dotandoli dei mezzi di protezione secondo la tipologia dei pazienti che assistono e richiedendo un solo tampone antigenico al primo accesso così come avviene per i pazienti che vengono ricoverati».

Un nuovo ospedale a Lodi: potrebbe essere una soluzione?

«Negli ultimi 20 anni Regione Lombardia ha stanziato, a più riprese, importanti fondi per la ristrutturazione dei presidi ospedalieri lodigiani, in particolare per l’ospedale di Lodi hub provinciale e di Codogno spoke. Questi investimenti hanno consentito un profondo intervento di modernizzazione degli spazi, delle apparecchiature oltre che l’adeguamento alle normative in tema di prevenzione incendi. Attualmente i due ospedali per acuti Lodi e Codogno,con il supporto dei presidi di Casale e Sant’Angelo che assumono una connotazione territoriale e sinergica con i presidi per acuti, sono in grado di rispondere in maniera adeguata alle necessità della popolazione».

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