
Già 35 parti dal primo gennaio. Per l’ostetricia dell’ospedale Maggiore il 2016 si annuncia scoppiettante. Nei primi 7 giorni dell’anno, infatti, c’è stata una media di 5 parti al giorno. Un boom si è registrato anche nelle richieste di parto cesareo, sulla scorta dei casi drammatici che sono successi negli altri ospedali d’Italia, proprio tra Natale e Capodanno e che hanno portato alla morte mamma e bebè. Gli operatori del Maggiore hanno dovuto spiegare alle lodigiane che i parti cesarei non servivano, per convincerle a partorire in modo naturale.
«Nel 2015 i parti cesarei da noi sono diminuiti - spiega il primario Marco Di Mario -, sono stati 360 su 1383 parti, contro i 390 dell’anno prima. Siamo passati cioè dal 28 al 26 per cento. In Italia la media supera il 32 per cento e per un ospedale dotato di terapia intensiva neonatale, dove affluiscono cioè bambini con tante patologie, è un bel risultato».
Eventi avversi, nel 2015, non ci sono stati, annota il primario. «Non abbiamo avuto episodi di mortalità materna durante l’assistenza in ospedale - spiega il medico -. Abbiamo avuto una decina di emorragie post partum. Quattro o cinque di queste gravi, con perdite superiori ai 2 litri di sangue, ma le abbiamo brillantemente fronteggiate. Abbiamo fatto anche un protocollo pubblicato di recente sul sito aziendale, con annotazioni su tutto quello che dobbiamo fare nelle emergenze: allertare tutta l’equipe, rianimatore e centro trasfusionale compreso e mettere in campo le misure per fronteggiare il caso. Togliere l’utero è l’ultima arma a nostra disposizione e qualche volta si è reso necessario come intervento salvavita (in 4 o 5 casi nel 2015), dopo aver percorso tutte le altre strade. Nel 2015 non ci sono state neanche rivalse medico legali. Abbiamo avuto una donna che aveva fatto un’ecografia a 12 settimane, poi si è scoperta una malformazione del feto. La donna pretendeva che noi potessimo riconoscere quella malformazione quando l’ecografia morfologica che si fa al quinto mese è l’unica deputata al riconoscimento. Questa protesta poi è finita in niente. Ci sono stati anche altri tentativi, ma dopo aver risposto al legale, spiegando come si erano svolti gli eventi, non ho più avuto riscontri. Segno che non c’erano i presupposti per procedere».
Nel 2015 ci sono state circa 300 analgesie del parto in travaglio. «In costante aumento - annota Di Mario - è anche il numero di aderenti ai corsi di preparazione al parto. L’impostazione data al corso viene premiata grazie all’approccio multidisciplinare ostetrico-neonatologico, fin dale fasi iniziali della gravidanza. Siamo gli unici in Lombardia, poi, a controllare e trattare in modo capillare fin dall’inizio le modificazioni della sfera emotivo-psicologica, in modo tale da impedire che la donna si ammali. Questa possibilità, la diagnosi prenatale, la presenza della terapia intensiva neonatale, la cultura e la professionalità nell’affrontare qualunque evenienza ostetrica, la personalizzazione del percorso travaglio-parto e l’analgesia h 24 hanno costituito un valore di attrazione rilevante nel nostro reparto».
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