Pozzoli: «A Lodi la cultura non è spenta»

Questo è il suo primo “test” politico. Nella giunta Uggetti, però, si è ritagliata fino a questo momento un ruolo defilato, lontano dai riflettori e dalle polemiche. Simonetta Pozzoli è il vicesindaco, con delega alla cultura e all’istruzione.

È entrata nell’arena quasi per caso, «mi è stato chiesto e ho detto sì, ho pensato che potesse essere una bella esperienza». Ed è approdata in giunta come esponente cattolica.

In tempi di crisi, non pensa che la cultura sia la “sorella povera” di servizi sociali e lavori pubblici. Punta tutto sul teatro e sulla biblioteca, e sui servizi da offrire ai cittadini. Pensa che Lodi non sia affatto così spenta come qualcuno pensa e, “colpo di scena”, sarebbe favorevole a far pagare l’ingresso ai visitatori dell’Incoronata.

Con la crisi, la cultura è la prima a essere “sacrificata”. Si sente messa in un angolo?

«No, sicuramente non è stato un settore messo in un angolo, l’amministrazione ha cercato di mantenere le iniziative di promozione culturale. Semplicemente si è cercato di razionalizzare, per esempio utilizzando le risorse interne là dove possibile e valorizzando le proposte che ci sono in città, come le associazioni, creando un sistema integrato tra chi fa cultura a Lodi. Un esempio è il progetto della “Ruota della cultura”».

Edizioni “sottotono” rispetto al passato, come Lodi al Sole, non si rivelano poi deboli? Ha ancora senso farle?

«Forse ciò che è venuto a mancare è il concerto con il grande nome, che oggettivamente oggi non è più possibile. Questo però non vuol dire una riduzione della qualità, lo dice anche la presenza di quest’estate: non si è mai scesi sotto le duecento persone, sono sempre state 400-500 in una sera. A volte una cosa non la si conosce ma è di qualità, come la Piccola Banda Rebelde, una realtà locale che ha ottenuto diversi riconoscimenti fuori dal Lodigiano».

Quanto c’è a bilancio per la cultura? Quanto si è tagliato?

«I tagli grossi sono avvenuti tra 2012-2013, ma quelli erano altri tempi. A bilancio ci sono circa 800mila euro, un dato che non comprende solo le manifestazioni, ma anche per esempio la biblioteca, il teatro, il museo Gorini. È giusto sottolineare però che la cultura non è fatta solo di manifestazioni, ma anche di settori in cui il Comune sta investendo molto, come la biblioteca e il teatro».

Qual è il progetto culturale che le ha dato più soddisfazioni?

«Gli investimenti sulla biblioteca e il teatro. Per quanto riguarda la biblioteca è stato potenziato l’orario, è stata mantenuta la sala studio di Villa Braila e per il 2016 stiamo arrivando all’installazione dell’auto-prestito. Anche la riapertura domenicale di Santa Chiara Nuova, grazie alla collaborazione con il Touring, sta andando bene, l’anno scorso da ottobre a giugno ci sono state 500 presenze».

Cosa pensa delle polemiche scoppiate nei giorni scorsi sul costo eccessivo degli arredi della biblioteca?

«Erano altri tempi, è stato fatto un investimento importante per un edificio di grande valore».

Quale sarà il progetto a cui si dedicherà l’anno prossimo?

«Sicuramente l’auto-prestito e un ulteriore ampliamento della biblioteca».

A Lodi non c’è un museo e l’assessore Sergio Tadi ha detto che la Cavallerizza al momento non è una priorità. È d’accordo?

«Sono d’accordo sulle criticità che comporterebbe la gestione di un museo. Serve una riflessione lunga e articolata, bisogna creare delle nuove vie per uno spazio espositivo. E servono naturalmente le risorse».

L’assenza di un museo non penalizza troppo la città?

«La mancanza di un museo è oggettivamente una lacuna, perché non è possibile mostrare tutto il patrimonio comunale, ci sarà in parte questa occasione alla mostra in programma alla Bpl».

Lodi non è una sorta di “Cenerentola” nell’ambito del circuito delle città d’arte? Sembra che non riesca a tenere il passo.

«Questa è un po’ una “malattia”. Ci sono state delle mostre importanti, dai Piazza all’Oro e la Porpora, non si può dire siano mancate le mostre di calibro, non ultima quella dedicata a Giuliano Mauri, che ha registrato circa 7mila presenze, in arrivo anche dall’estero».

Il festival dei Comportamenti si farà?

«Sì, sarà presentato l’anno prossimo».

Ha abbastanza successo per replicarlo?

«Sì, l’ultima edizione ha avuto in totale circa mille presenze».

A che punto è il restauro dell’Incoronata?

«Si è bloccato il restauro della cappella per capire l’origine delle infiltrazioni, sarebbe stato inutile procedere senza conoscerne la causa».

Farebbe pagare l’ingresso all’Incoronata, anche con una cifra simbolica?

«Sì, perché credo che i beni culturali abbiano bisogno di sostegno da parte di chi li fruisce. Farei pagare una cifra da 1 a 3 euro, ma non per i residenti, però dovrebbe trattarsi di un biglietto integrato, che comprenda anche altro, come Santa Chiara Nuova».

Cos’ha in serbo per il teatro?

«Oltre alla sua messa a norma, la cui prima fase è in conclusione mentre la prossima sarà nell’estate 2016, ci sarà un vero e proprio rilancio. Un’officina del teatro, che per ora non anticipo, dove confluiranno diverse realtà culturali affini. Ci saranno corsi di dizione, corsi di recitazione e si potrà iniziare anche una prima timida produzione. Il primo spettacolo di Dario Leone è produzione Teatro alle Vigne».

Lei è un’insegnante. Cosa pensa della “buona scuola” del governo Renzi e come vive le difficoltà dei suoi colleghi precari?

«Ritengo che nella riforma ci siano degli elementi positivi, primo fra tutti il fatto che si ritorni a mettere in gioco l’autonomia scolastica. Oltre a questo considero positivi l’organico potenziato e il fondo di funzionamento raddoppiato. Sicuramente c’è poi l’aspetto dell’assunzione dei precari, si è iniziato a colmare questo problema».

Di cosa ha bisogno la scuola?

«Non ho un giudizio negativo sulla scuola italiana, sono convinta che sia una scuola di qualità, soprattutto per i percorsi liceali di valore. Ci sarebbe da “ritoccare” l’esame di stato, quello sì, e ovviamente più risorse».

Rivendica la sua presenza di esponente cattolico in questa amministrazione di centrosinistra, definita dal sindaco civica e allargata? Oppure crede che non ce ne sia bisogno?

«Non ho mai amato le etichette perché non mi fanno sentire a mio agio. Il fatto di essere cattolica non può essere un’etichetta o una rivendicazione. Mi piace confrontarmi con posizioni diverse e dialogare con tutti. L’obiettivo di un’amministrazione è la ricerca del bene comune per la città e questo va al di là di ogni etichetta. Provenienze diverse non possono che arricchire».

Come ha accolto l’ingresso di Sergio Tadi, ex Forza Italia e poi Pdl, in giunta?

«È stato positivo, perché ha condiviso il programma elettorale, si parte da questa base».

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