Quasi 5 anni per i telefonini rubati

La difesa promette il ricorso in appello, puntando a far cadere l’accusa di rapina, ma in primo grado a Lodi due cugini di 19 anni che abitano in città, M.S. e K.A., sono stati riconosciuti colpevoli di rapina impropria e di furto aggravato per essersi appropriati di due telefonini all'Unieuro del Centro commerciale My Lodi, in due distinte giornate nella prima metà di agosto dello scorso anno. Poche settimane prima, sempre presso lo stesso negozio, avrebbero anche rubato un cellulare, e per questo erano stati condannati nel marzo scorso a 4 mesi, con pena sospesa.

Questa volta invece la “condizionale” non è stata concessa, probabilmente anche alla luce di contestazioni che erano state mosse ai ragazzi quando erano ancora minorenni: a M.S. sono stati inflitti 2 anni, 4 mesi e 1.200 euro di multa, a K.A. 2 anni e 6 mesi, e 1.500 euro.

Si trovano in carcere dal settembre dello scorso anno e dopo la lettura del verdetto, ieri mattina, sono tornati in cella. Più che l'entità del bottino, a motivare la pesante misura cautelare sembra essere la ricostruzione della vicenda fatta dagli inquirenti: uno dei due avrebbe minacciato in almeno un’occasione un sorvegliante dell'Unieuro che voleva impedire il furto, inoltre, quando la polizia aveva deciso di perquisire le abitazioni dei due cugini, uno di loro avrebbe detto a un agente “fai pure la perquisizione, che poi ti brucio”. L’altro invece è accusato di aver danneggiato la porta della camera di sicurezza della questura. «L’accusa di rapina nasce da asserite minacce che sarebbero state pronunciate da uno solo dei due dopo l'asportazione del telefonino dall'espositore - spiega l’avvocato Ennio Bonvissuto, che difende i due ragazzi -. In aula uno degli imputati ha fermamente escluso che fosse stata usata violenza nei confronti del personale, ed è anche emerso che tra M.S. e il sorvegliante asseritamente minacciato ci sarebbero già stati attriti tempo prima, in un contesto che non c’entra niente con il negozio, perché i ragazzi si conoscevano».

Nella ricostruzione della difesa quindi il comportamento dei due durante il furto trasformatosi in rapina sarebbe assimilabile, data anche l’età, al bullismo, e non alla precisa volontà di compiere un grave crimine. L'auspicio è che in carcere, e di fronte a questo verdetto, comprendano entrambi che la vita non è solo un telefonino all'ultima moda “fregato” spavaldamente in un centro commerciale.

Carlo Catena

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