Retata tra i “signori” della droga

Erano i “signori” della droga in città, gli unici (o quasi) che potevano spacciare cocaina. Una banda di italiani e albanesi è stata sgominata ieri mattina dalla questura: 20 arresti (diciotto in città, uno a Cavenago e uno a Borghetto) eseguiti grazie a un imponente spiegamento di poliziotti e unità cinofile provenienti da tutta la Lombardia. Le indagini duravano da nove mesi e hanno portato alla luce un “sistema” creato dalla banda nel capoluogo fatto di violenze continue, estorsioni e minacce: chi non poteva pagare, per esempio, veniva pestato a sangue o costretto a fare finanziamenti; in alcuni casi ai debitori è stata anche “requisita” l’auto. La questura ha sequestrato di volta in volta durante l’operazione mazze da baseball, coltelli, una pistola e il “calcio” di un fucile, tutto “materiale” che serviva per intimidire debitori e avversari, oltre a denaro contante e droga. Fra i loro clienti (120 quelli identificati e segnalati alla prefettura in questi mesi) c’erano molti “insospettabili” come professionisti, impiegati e dipendenti pubblici.

LE INDAGINITutto è cominciato circa nove mesi fa, nell’ottobre scorso, quando un albanese si è presentato in questura dicendo di essere stato pestato a sangue lungo l’Adda da alcuni connazionali. Aveva un debito con alcuni spacciatori (lui parlò genericamente di tre o quattro persone) che non riusciva a saldare e per questo era stato aggredito, sequestrato e picchiato con le mazze. Disse anche che gli era stata estorta l’auto del padre, che i malviventi avrebbero tenuto se lui non fosse riuscito a pagare. Da lì partirono le indagini, condotte dalla squadra mobile in collaborazione con la Digos e la squadra Volanti, che poco alla volta hanno permesso di scoprire una organizzazione che operava in città e che «praticava la violenza in modo sistematico», come ha detto il capo della Mobile Alessandro Battista.

LA CITTA’ DIVISA A SPICCHILa banda operava in un modo ben preciso. La città era stata divisa in spicchi, assegnati ognuno a un piccolo gruppo di spacciatori che gestivano i contatti con i clienti e le consegne. Chiunque cercasse una dose di cocaina (ma non solo, visto che durante le perquisizioni è stata trovata anche marijuana e ketamina liquida e solida) doveva passare da loro. Le consegne avvenivano sempre in luoghi diversi: davanti a bar, edicole, in strada, nei parchi. Ma la comodità per i clienti era che, su richiesta, la droga veniva portata direttamente a casa con un servizio “a domicilio”: uno dei cavallini più attivi identificati durante le indagini faceva consegne ininterrottamente dalle sei del pomeriggio fino alle due di notte. Al punto che dai poliziotti era stato definito “l’uomo pizza”.

IL GIRO DI AFFARILa questura ha stimato che la banda facesse girare ogni settimana almeno mezzo chilo di cocaina. Vendevano a singoli clienti, ma anche a piccoli spacciatori che poi rivendevano la droga fuori dalla città. Il grosso dei ricavi veniva spedito in Albania, dove poi i soldi venivano “investiti” in attività commerciale e nell’acquisto di case, almeno 15mila euro ogni due settimane, mentre il resto restava nelle tasche dei vari componenti del gruppo criminale.

GLI ARRESTATIQuindici le persone finite in manette finora, a fronte di 19 ordini di custodia cautelare emessi nei confronti di 6 italiani e 13 albanesi. Tutti sono accusati a vario titolo di spaccio in concorso di stupefacenti, estorsione, sequestro di persona, rapina, lesioni gravi, furto, detenzione e porto in luogo pubblico di arma da sparo e strumenti atti ad offendere, danneggiamento a seguito di incendio. Queste le iniziali di quelli che sono stati fermati finora: gli albanesi sono E.X. e D.X. di 22 e 19 anni (i due fratelli che nonostante la giovane età erano a capo del sodalizio), I.I. di 24 anni, A.I. di 19, A.D. di 42, E.F. di 20, A.X. di 33, F.X. di 27, A.Q. di 19 (l’unica donna del gruppo, la “cassiera” con il compito di gestire i soldi guadagnati, presa a Borghetto e ora ai domiciliari), M.H. di 22 (senegalese preso a Cavenago e anch’egli ai domiciliari); i lodigiani invece sono G.P. di 22 anni, L.B. di 20, P.F. di 21, C.P. di 23 e C.B. di 43. All’appello quindi mancano ancora un italiano e tre albanesi.A questi va aggiunto un giovane italiano (E.G. di 42 anni) sorpreso ieri mattina durante una delle 15 perquisizioni effettuate con venti banconote false (da 50 e 20 euro) che lui stesso aveva stampato con una speciale apparecchiatura che aveva in casa. La banda, insomma, non si faceva mancare proprio niente. Fra gli indagati invece sono finiti anche alcuni minorenni.

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