
Saluto romano, altri assolti ma la Procura fa il ricorso
CASO RAMELLI Formula piena per la cerimonia del Presente nel 2022 al Maggiore «però fu incostituzionale»

Erano in 25 secondo gli investigatori della Digos della polizia le persone che il 30 aprile del 2022 avevano voluto rendere omaggio alla tomba di Sergio Ramelli, al cimitero Maggiore di Lodi, con il rito del «presente», rispondendo all’appello con il braccio destro teso alzato, come da iconografia del nazismo e del fascismo, ma solo in 5 erano stati identificati e ieri il tribunale di Lodi li ha assolti dall’accusa di violazione della “legge Scelba” del 1952 che sanziona la ricostituzione del partito fascista. Un’assoluzione con formula piena, a differenza della formula “dubitativa” adottata dallo stesso tribunale di Lodi, ma con un diverso collegio di giudici, nelle due assoluzioni dei mesi scorsi per un’altra analoga commemorazione di Ramelli al Maggiore il 29 aprile del 2023, con il co fondatore di Forza Nuova Roberto Fiore, e l’8 luglio del 2023 a Sant’Angelo Lodigiano con un corteo dal centro fino al piazzale intitolato dal Comune nel 2022 allo studente lodigiano che a Milano, a soli 18 anni, il 13 marzo 1975, fu pestato e preso a colpi di chiave inglese sulla testa da un gruppo di giovani di estrema sinistra e morì in ospedale il 29 aprile successivo. Era «colpevole» di non aver nascosto la sua adesione alla componente giovanile del Movimento sociale italiano e di aver scritto un tema in cui condannava la violenza delle Brigate Rosse, a seguito del quale i familiari lo avevano anche costretto a cambiare scuola.
Proprio contro il verdetto assolutorio per la commemorazione di Sant’Angelo Lodigiano, la Procura di Lodi ha intanto proposto appello: per quella sentenza, dell’11 febbraio scorso, quella manifestazione barasina di Rete dei Patrioti, Lealtà Azione e Casa Pound, con 30 partecipanti, era censurabile ma mancava la prova che fosse idonea a ricostituire il partito fascista o a promuovere discriminazioni, per il Pm invece la riproposizione dell’ “appello fascista” come codificato dal Dizionario di politica edito nel 1940 dal Pnf, l’uso di un tamburo per richiamare l’attenzione della popolazione, peraltro presente lungo le strade percorse, sono da ritenersi “idonee a provocare adesioni e consensi”, determinando quindi “il concreto pericolo della diffusione di concezioni favorevoli alla riorganizzazione del partito”. La parola alla Corte d’appello di Milano.
Per gli imputati della commemorazione del 30 aprile 2022, E.S.,, 67 anni, pavese, F.R., 26, di Lodi, G.G., 40, cremonese, S.F., 61, di Brescia e B.M., 41, cremonese, aderenti a Casa Pound o Forza Nuova, i difensori Mario Giancaspro di Perugia e Fabio Daprati di Lodi hanno invocato tra l’altro l’articolo 21 della Costituzione, che tutela la libera espressione del pensiero. Per il tribunale c’è “insussistenza del pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista” ma il comportamento, pur non costituendo un fatto - reato, è «profondamente incostituzionale».
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