Scarcerato da un mese perché è malato ma resta in cella perché la Regione non trova un posto per curarlo
Il caso di un 49enne lodigiano con gravi problemi psichiatrici, l’avvocato è pronto a fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo
Il pm e il gip del tribunale di Lodi hanno ordinato a inizio luglio di liberare dal carcere di Cremona e di curare in una comunità ad alta intensità di cure psichiatriche un 49enne che è attualmente indagato per rapina e stalking in famiglia, ma Regione Lombardia, a quasi un mese di distanza dal provvedimento della magistratura, non ha ancora trovato un posto libero in una delle apposite comunità. E l’uomo è costretto a rimanere nell’infermeria del carcere, assieme ad altri detenuti colpiti anche da mali incurabili, che vengono disturbati di suoi stati di agitazione. E, anche a detta dei responsabili sanitari della struttura, non fa che peggiorare dal punto di vita mentale, anche perché è alla sua prima esperienza detentiva. L’avvocato Federica Liparoti di Milano, che assiste il 49enne, lancia un appello e spera che dove non è ancora arrivata la burocrazia possa arrivare almeno la politica: «Sono circa 200 in tutta Italia le persone giudicate o sotto indagine che si trovano in queste condizioni, cioè di essere ritenuti non penalmente perseguibili per vizio di mente ma sottoposti a una misura di sicurezza per pericolosità sociale. Non parliamo quindi di grandi numeri cui fare fronte. Basterebbe investire più risorse, per personale e strutture. Nella situazione attuale il mio assistito, che peraltro è ancora in attesa di giudizio, non si vede riconosciuto un percorso di reinserimento e soprattutto di cura, ma è esposto a un continuo pericolo per sé e per gli altri. E so per esperienza che non si può mi parlare di persone “perdute”, perché ho visto che in casi simili i percorsi di cura hanno funzionato. La magistratura lodigiana è stata tempestiva, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria chiede a Regione Lombardia, responsabile per il sistema sanitario, di trovare un posto, ma la disponibilità ad accogliere, sorvegliare e curare con gli specialisti più adeguato quest’uomo ancora non arriva». Se continueranno a non arrivare risposte, l’avvocato Liparoti solleverà il caso alla Corte europea per i diritti dell’uomo, che già in passato aveva sanzionato l’Italia per il sovraffollamento delle carceri. Un’emergenza evidenziata in questi mesi a diversi livelli, politici e istituzionali, con il risvolto dell’emergenza dei suicidi dietro le sbarre e con tanto di scioperi degli avvocati penalisti che nella pur piccola Lodi avevano raggiunto un’adesione dell’80 per cento.
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