Sei ore di più in classe a pari stipendio? La proposta del ministro Francesco Profumo di aumentare da 18 a 24 le ore dei docenti ha scatenato la bagarre di tutti gli insegnanti del Lodigiano. Precari compresi che non potrebbero più insegnare.
«Sicuramente il signor ministro non è mai entrato in una classe e non si rende conto di ciò che propone - tuona l’attore e docente Luciano Pagetti attraverso il suo profilo di Facebook, riscuotendo la soddisfazione di molti dei suoi amici -. Sicuramente il caro ministro non sa che gli insegnanti non improvvisano istrionicamente le lezioni, ma le preparano a casa loro, durante le ore non riconosciute. Il caro ministro non sa che i compiti si correggono e che gli insegnanti lo fanno a casa loro nelle ore non riconosciute. Il caro ministro non sa che le verifiche si preparano seguendo criteri precisi e che lo si fa a casa nelle ore non riconosciute. Il caro ministro non sa che gli insegnanti devono leggere, informarsi, aggiornarsi, stare al passo e che queste operazioni le compiono a casa loro, nelle ore non riconosciute. Senza contare le ore (80) impiegate in consigli di classe, collegi docenti, riunioni, incontri con i genitori, oltre a scrutini, esami e gite».
Laura Coci, referente delle Rsu al Maffeo Vegio, è furente. «Per fare quello che dice Profumo - commenta - bisogna modificare il contratto collettivo che prevede un orario frontale di 18 ore. Per modificarlo serve un accordo tra Aran e sindacati, altrimenti qualsiasi modifica non è valida. Questo è il risultato di anni di delegittimazione della classe insegnanti considerata una classe di privilegiati; non si tiene conto di tutto il lavoro sommerso. Non ho problemi a lavorare 40 ore alla settimana, è già così. Però timbro il cartellino e non faccio nulla di più a casa. Devono darci gli strumenti a scuola, per correggere i compiti, preparare le lezioni, incontrare i genitori e gli specialisti, organizzare i progetti e tutto il resto, poi vediamo a chi conviene. Io dovrò lavorare fino a 62 anni, con 42 di contribuzione».
Per Danila Baldo, sua compagna di lavoro nella stessa scuola, «si tratta di una cosa folle. Quello che facciamo in classe - commenta - è solo la punta dell’iceberg. Tutto il lavoro fatto a casa serve per capire le persone che hai di fronte in classe, per lavorare sul sapere e tenere il rapporto tra scuola e territorio. Quello che si fa nelle ore frontali, è solo il risultato di tutto il resto. Anch’io sono d’accordo a fare 40 ore di lavoro settimanale, ma ci devono dare l’opportunità di farlo. La nostra sala insegnanti ha 10 sedie per 110 docenti. Mi devono spiegare come facciamo a lavorare lì. Sono stata a visitare una scuola di Budapest. I 40 insegnanti, in aula professori, avevano ognuno una postazione dedicata con scrivania, cassetti e persino il fiorellino sul tavolo. Una bella differenza. I docenti italiani sono quelli meno retribuiti d’Europa. Nella materna facciamo 22 ore contro le 19,6 degli altri paesi. Alle superiori, 18 contro 16,6 e nelle medie 18 contro 18,1. Lo stipendio, però, è il più basso».
«Forse il caro ministro - si chiede Pagetti - vuole che la qualità del lavoro insegnante scada di contenuti e valore onde ottenere nuove generazioni di servi obbedienti? Mi piacerebbe saperlo. A me personalmente i servi non interessano».
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