«Sentivo che qualcosa

stava per succedere,

Luigi era così agitato»

Luigi Villa era un ragazzo come tanti della sua età. Frequentava l’ultimo anno di agraria a Villa Igea e dopo la maturità voleva diventare dentista. Ora pensava alla patente, aveva già fatto le prime guide con il padre e a breve si sarebbe iscritto. «Era intelligente, capiva le cose al volo» lo ricorda il padre Claudio. Ieri era lui, davanti alla porta di casa in via Ponte Riolo a Cavenago, ad accogliere le persone che venivano a trovare la famiglia. La madre invece, Giuseppina, infermiera alla casa di riposo Santa Savina di Lodi, era “rinchiusa” nel suo dolore fra le mura domestiche. «Era un ragazzo buono, a volte andava anche a lavorare in una cascina qui vicino per guadagnare qualche soldo» aggiunge Claudio.

Mercoledì sera il padre ha visto Luigi molto agitato. «Teneva in mano due telefoni e parlava sia con Gianluca che con la sua fidanzata. “Si vuole uccidere” diceva a lei “dagli un’altra chance”. Poi è uscito. Pensavo che andasse a casa di un’altra ragazza, l’ho visto prendere lo scooter e così sono uscito sulla porta, gli ho detto “andate piano, c’è la nebbia”. Ma lui mi ha risposto che andava da A.P. e che poi avrebbero preso la macchina». Invece hanno usato lo scooter per andare da Gianluca, in due sulla sella in mezzo alla nebbia. «Quella sera non ero tranquillo, alle 23 ho sentito il cuore che mi batteva forte, volevo andare da lui per riportarlo a casa, sentivo che stava per succedere qualcosa e non ce la facevo a restare fermo. Poi hanno suonato alla porta, era il parroco con un poliziotto. “Abbiamo una brutta notizia di darle” hanno detto, ed è stato come se mi avessero dato una coltellata nel cuore. Per la rabbia ho dato un pugno all’armadio e mi sono quasi rotto la mano».

Claudio ha voglia di parlare, di sfogarsi. Si agita, piange, poi si asciuga le lacrime e riprende il racconto. Non si dà pace per aver fatto andare fuori Luigi da solo, per non averlo fermato prima. «Ieri sera non dovevo lasciarlo uscire da solo - dice -, dovevo andare con lui, avrei svuotato il caricatore della pistola e fatto esplodere l’ultimo colpo, non sarebbe successo niente» dice, andando avanti e indietro davanti alla porta di casa. «Oggi volevo andare a vederlo, ma mi hanno detto che non si poteva. Forse domani, alla camera mortuaria di Lodi, poi ci faranno sapere anche per i funerali». Ieri era il giorno del dolore a Cavenago, delle preghiere e delle lacrime. «Non posso credere che Luigi non ci sia più, che me lo abbiano portato via. Lui era la mia speranza. Ora non c’è più, ma finché vivrò lo porterò nel mio cuore».

Conosceva bene Luigi Villa e la sua famiglia anche il parroco di Cavenago, don Gianpiero Marchesini. «Fino a dodici anni è venuto in oratorio - spiega -. Era un ragazzo tranquillo, chiuso in se stesso, silenzioso, anche se ora si era fatto questa compagnia. Quello che ha fatto ieri sera è stato un grande gesto, perché ha salvato una vita umana: ha avuto la prontezza di entrare in colluttazione con l’amico per evitargli una tragedia. Agli occhi di Dio questo ha un valore notevole».

D. C.

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