
L’ombra della mafia aleggia anche qui, in questa striscia d’asfalto tra i campi lungo la via Emilia e le luci della metropoli. A cavallo tra Lodigiano e Sudmilano: «Questo è un territorio che offre sicuramente spazio all’attività della mafia». A parlare non è una persona qualunque ma è il procuratore della Repubblica Armando Spataro, l’ospite d’onore della Commissione antimafia che ieri si è riunita a palazzo San Cristoforo. Un esempio vale forse più di mille parole: l’omicidio Verrascina, il muratore ucciso con due colpi di pistola davanti alla propria abitazione a San Giuliano. «Per il vostro territorio questo omicidio ha una rilevanza particolare - spiega il pm -, dietro è presente un retroterra camorristico a San Giuliano legato al traffico di stupefacenti».
Spataro, magistrato di punta della procura milanese, nel corso della sua lunga carriera si è occupato di tutte le inchieste sul terrorismo di sinistra e ha fatto parte del “pool Mani Pulite”, nel ‘91 è entrato nella Direzione distrettuale antimafia di Milano. Dall’alto della sua esperienza ha cercato di dare dei consigli all’amministrazione: «Si deve puntare sui controlli effettivi, anche dopo che le procedure di appalti e incarichi ad aziende e società sono stati affidati - afferma -. Il certificato anti-mafia non basta, ormai è facilmente alla portata di qualsiasi mafioso. Bisogna controllare ciò che accade dopo, dove finiscono i mezzi, come lavorano i dipendenti, come vengono smaltiti i rifiuti. I controlli dovrebbero avvenire in sinergia, anche se mi rendo conto che spesso le polizie hanno dei limiti legati ai mezzi e agli uomini a disposizione. L’apparato della pubblica amministrazione non è preparato a questi controlli effettivi». Dal suo punto di vista, fino a quando la Provincia di Lodi esisterà, dovrà “scommettere” tutto su queste verifiche.
Il procuratore racconta ai consiglieri provinciali e al presidente Pietro Foroni ciò che si è scoperto nel corso delle inchieste condotte negli anni. La ‘ndrangheta arrivò al Nord negli anni Cinquanta, «era l’anno del primo festival di San Remo, da lì ha costruito il suo potere criminale». È partita con traffici banali, come quello del bergamotto, poi è passata al contrabbando di sigarette, alle rapine, all’estorsione, all’usura. «Negli anni Settanta è arrivata ai sequestri di persona, fino a quando negli Ottanta sono arrivati gli stupefacenti. Fino agli inizi degli anni Novanta le risorse economiche erano investite in modo tradizionale: ristoranti, bar, pizzerie. Oggi le attività più moderne riguardano l’edilizia, il movimento terra, lo smaltimento rifiuti».
Qualcosa nel tempo è cambiato. È il rapporto tra mafia, politica e imprenditoria: «Se l’imprenditoria prima pagava il pizzo, ora pensa sia possibile guadagnare di più, magari ottenendo appalti. A sua volta la mafia controlla fisicamente i tavoli di direzione e garantisce delle aspettative, attraverso un rapporto privilegiato con una parte della politica». Detto in poche parole... voti (spesso anche poche centinaia) per comprare la vittoria di qualcuno che poi dovrà “ricambiare” il favore. «Prima gli affiliati erano più numerosi - osserva il pm -, ora sembra che la forza della mafia sia quella zona grigia che sta attorno, i colletti bianchi».
Spataro nutre un profondo rispetto per i “confini” che solcano le diverse attività, quella del pubblico ministero e quella degli amministratori, così come non condivide l’atteggiamento di chi all’interno della sua categoria pretende di “moralizzare la società”: il pm cerca le prove dei reati commessi, e le prove «o ci sono o non ci sono». Nei confronti dei colleghi che lavorano al tribunale di Lodi prova ammirazione, perché la situazione a palazzo di giustizia è drammatica: «C’è un carico di lavoro che non si riesce nemmeno a immaginare, il personale amministrativo è eroico, la carenza di organico è infatti tremenda. Come farà ad andare avanti in futuro l’autorità giudiziaria di Lodi non lo so».
Allo stesso tempo, Spataro mostra un grande rispetto per la cultura della legalità, che ritiene necessaria anche (e soprattutto) nelle scuole: «Dobbiamo battere sulla legalità, manifestazioni che alcuni ritengono retoriche sono invece importanti».
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