Spesi 300mila euro per tenere nascosti i 333 gioielli di Lodi

Chiusi a chiave in un deposito. E quindi... dimenticati. Sono i 333 “gioielli” che i lodigiani non possono vedere, depositati presso la società di vigilanza Ivri. Nella città del Barbarossa non c’è nemmeno uno spazio a disposizione in cui esporli, perché il progetto di riqualificazione dell’ex Cavallerizza, destinato a diventare il museo civico di Lodi, è fermo al palo da anni. Dal dicembre 2010 al giugno 2016 il servizio di custodia è costato alle casse municipali più di 300mila euro, circa 50mila euro all’anno. Il Movimento 5 Stelle aveva denunciato la situazione, sottolineando che il Broletto aveva emesso 14 determine per rinnovare il servizio all’Ivri, con contratti che avevano una media di sei mesi l’uno; i 5 Stelle avevano sottolineato che predisponendo un bando pubblico sarebbe stato possibile confrontare offerte diverse e “spuntare” un prezzo migliore.

La svolta è arrivata di recente, il commissario Mariano Savastano predisporrà entro febbraio un bando di gara. Nel frattempo, a dicembre 2016, il Comune ha previsto una spesa di circa 8.300 euro (Iva inclusa) per tenere al sicuro le opere nei mesi di gennaio e febbraio 2017. A questo proposito, però, i 5 Stelle sottolineano che se il Broletto avesse seguito le loro richieste «così come tra l’altro previsto dalla legge, i cittadini lodigiani avrebbero risparmiato un mucchio di soldi».

Nell’elenco dei 333 “gioielli” nascosti non mancano i grandi nomi e i capolavori, riconducibili a un periodo che spazia dal 1400 al 1800. Forse in pochi sanno che nel caveau è presente l’Autoritratto di Hayez, oltre al suo Ritratto di Teresa Zumali Marsili. Non possono mancare le opere dei Piazza, in tutto 27, anche se nella lista alcune attribuzioni risultano essere approssimative. Per esempio nel caso delle “Storie dei santi Antonio abate e Paolo eremita”, affreschi strappati dalla cappella Berinzaghi e riportati su tela, gli autori non sono come indicato Scipione e Callisto bensì i fratelli Martino e Albertino, ovvero la generazione precedente. Mancano i primi affreschi del tempio di Giovanni Della Chiesa con l’aiuto del figlio Matteo, poi sostituiti nella cappella dedicata a San Giovanni Battista dalle tele di Callisto Piazza. Di Matteo Della Chiesa, invece, figura la “Madonna con Gesù”. A impreziosire la collezione c’è anche Gilardo da Lodi e il suo Putto con frutta. Nel 2004 lo scrittore e critico d’arte Tino Gipponi organizzò una mostra intitolata “Gilardo da Lodi e la pittura d’uva in Lombardia nel Seicento e nel Settecento”.

Tra gli altri artisti di valore presenti ci sono i fratelli De Donati, Ghittoni, Spolverini, Enrico Scuri con la “Madonna addolorata e angioletti reggicorona”. Numerosissimi gli anonimi in lista, soprattutto lombardi, ma anche fiamminghi e veneziani. Un patrimonio invisibile, ai lodigiani e a tutti gli appassionati d’arte.

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