Stretta dal 21 dicembre al 6 gennaio, «stupore e rammarico» delle regioni
Governatori contrari a misure ritenute ingiustificate, fronda anche nel Pd, ma Conte: «Fatto per evitare un altro lockdown»
Natale, Santo Stefano e Capodanno nel proprio Comune e in casa solo con i conviventi (che non significa familiari, ma persone con le quali si vive insieme, quindi in teoria se un genitore vive in un altro Comune non potrà raggiungere il figlio per festeggiare il Natale). È solo uno dei contenuti del Dpcm di Natale illustrato dal premier dopo aver dato il via libera al decreto legge che limita gli spostamenti per tutti dal 21 dicembre al 6 gennaio. Da oggi al 14, a seconda del colore delle regioni, ci sarà un allentamento per shopping e movimenti. «In prossimità del Natale tutte le Regioni saranno gialle», ha annunciato il premier ieri in conferenza stampa. «Stiamo evitando un lockdown generalizzato che sarebbe stato molto penalizzante sia in termini economici che sociali. I risultati ci confortano ma non possiamo abbassare la guardia. Per questo motivo dobbiamo portare avanti un piano di ulteriori misure restrittive. La strada è ancora lunga, dobbiamo evitare la terza ondata», ha spiegato. Dal 4 dicembre al 6 gennaio quindi saranno sospesi gli impianti di sci e le crociere. Chi va all’estero al ritorno dovrà sottoporsi alla quarantena.
Per quanto riguarda i giorni di festa (25-26 dicembre e 1 gennaio) ha specificato: «Dobbiamo intenderci: noi non possiamo entrare nella case delle persone e imporre delle stringenti limitazioni, ma introduciamo una forte raccomandazione, cerchiamo tutti di rispettarla. Quella di non ricevere a casa persone non conviventi, è una cautela essenziale per noi stessi e per proteggere i nostri cari». I negozi invece da oggi al 6 gennaio potranno rimanere aperti fino alle 21 per permettere a tutti di fare le spese di Natale; ristoranti aperti per le feste ma solo per il pranzo. Novità poi sul fronte della scuola: anche le superiori torneranno in classe dal 7 gennaio, nella quota del 75%. Occorre «favorire la flessibilità» sul territorio, ha precisato Conte rispondendo alla domanda sulla possibilità che vengano introdotti doppi turni nelle scuole dopo il 7 gennaio. «Non vogliamo escludere nessuna opzione», ha spiegato, «se ci saranno degli istituti scolastici che valutando le circostanze del caso, si renderanno disponibili a turni pomeridiani, ben vengano». Non tutti però hanno gradito questo nuovo Dpcm: per i presidenti di Regione, rimasti stupiti e rammaricati per le decisioni assunte, quella sullo stop agli spostamenti, è una misura «ingiustificata» perché si crea una disparità di trattamento tra chi abita in una grande città e i milioni di italiani che vivono invece nei piccoli comuni. Ma lo scontro è anche nel Pd, con 25 senatori che chiedono al premier di rivedere le «misure sbagliate» e il segretario Nicola Zingaretti che ribadisce la necessità di «misure rigorose».
Qualche deroga sarà però concessa, anche alla luce del parere del Comitato tecnico scientifico secondo il quale, proprio in considerazione della differenza di dimensioni tra città metropolitane e comuni minori, vanno comunque garantiti per le realtà più piccole gli spostamenti «per situazioni di necessità e per la fruizione dei servizi necessari», a partire dal non lasciare gli anziani da soli. Lo stesso Conte conferma che tra i motivi che rientrano nello «stato di necessità» c’è l’assistenza alle persona non autosufficienti, così come sarà possibile sempre rientrare non solo alla propria residenza ma anche nel luogo «dove si abita con continuità», una formula per consentire il ricongiungimento delle coppie conviventi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA