Il genoma del pesco parla lodigiano. Ci sono infatti 5 ricercatori del Parco Tecnologico Padano di Cascina Codazza tra i firmatari dell’articolo apparso domenica su Nature Genetics e che ha coinvolto più di 20 istituzioni sparse per il mondo.
L’International Peach Genome Initiative (IPGI), questo il nome del consorzio, nasce nel 2005 da un’idea di Francesco Salamini, presidente del comitato scientifico del Parco, che ha lanciato il progetto «Drupomics» finanziato nel 2008 dal Mipaaf con 2 milioni di euro. Un progetto poi coordinato da Ignazio Verde del Cra (Centro per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) di Roma e che oltre al Parco di Lodi ha coinvolto anche l’Istituto di Genomica Applicata di Udine, di Bologna, di Milano e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. L’interesse per il pesco da parte dei ricercatori italiani non è casuale, l’Italia infatti è il secondo produttore mondiale dopo la Cina.
Questo studio ha permesso di leggere le 230 milioni di basi del Dna del pesco, un tredicesimo di quelle dell’uomo, e di identificare i suoi 27.852 geni, un numero superiore a quello stimato per l’uomo.
Tra questi i ricercatori ne hanno poi selezionati 672 perché coinvolti con i caratteri di qualità come la maturazione, l’aroma e il contenuto zuccherino, ma anche alla forma della pianta e del frutto. «Un aspetto interessante delle rosacee - spiega Francesco Salamini - è che pur avendo dei genomi di dimensioni relativamente piccole presentano forme e frutti i più diversi: dagli acheni delle fragole ai pomi del melo, dalle drupe del pesco alle bacche del lampone. Ora che disponiamo del genoma del pesco, del melo, del pero e della fragola sarà possibile anche capire quali sono i geni che controllano questi caratteri». I ricercatori sono poi andati alla ricerca delle varianti genetiche (marcatori molecolari) che permettono di distinguere tra loro le diverse varietà e ne hanno raccolte un milione. Con queste hanno poi ricostruito la storia evolutiva del pesco che è iniziata circa 4mila anni fa in Cina, ma che solo tra il 16esimo e il 19esimo secolo negli Stati Uniti ha trovato il suo assetto attuale.
«I geni e i marcatori molecolari individuati - spiega Ignazio Verde del Cra - renderanno possibile la selezione di varietà migliorate nelle loro caratteristiche qualitative, con proprietà nutraceutiche, con maggior adattabilità ai cambiamenti climatici e resistenza ai parassiti. Il tutto con minori costi e tempi più brevi».
Intanto al Parco si festeggia, questo infatti è l’undicesimo genoma che Lodi contribuisce a sequenziare, come sottolinea anche Salamini: «Con il pesco, il Parco prosegue le sue collaborazioni al l’analisi di genomi animali e vegetali. Risale a soli pochi mesi fa la pubblicazione su Nature del genoma del suino, che viene dopo quello del bovino, del melo, della vite e di molti altri. Questo fa di Lodi un centro di primo piano a livello internazionale».
Andrea Caruso
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