Terrorismo, Lodi pronta per le emergenze

Anche Lodi è pronta ad affrontare un eventuale attacco terroristico. La prefettura guidata da Patrizia Palmisani, dopo gli attacchi di Parigi e Bruxelles, ha chiesto che venisse aggiornato il maxi piano di emergenza territoriale. Giovedì si è svolto un vertice al palazzo del governo e ieri all’Ats della Città metropolitana. Il Lodigiano è pronto a mettere a disposizione 5 mezzi di soccorso e fornire posti per 68 feriti all’ospedale di Lodi e 28 a Codogno.

A illustrare il piano lodigiano è stato il referente e responsabile del 118 di Lodi Giorgio Beretta.

«Il piano di emergenza riguarda tutta la Regione - spiega il medico -. Nel momento in cui scatta l’allarme ciascuna provincia fornisce dei mezzi di soccorso in più, togliendoli dall’ordinarietà. Il Lodigiano può fornire un mezzo di soccorso avanzato, un mezzo di soccorso intermedio e 3 ambulanze. Dopo la normale ricognizione del 118 scatta il piano di maxi emergenza, l’allerta a prefettura, vigili del fuoco e forze dell’ordine. Da Mantova a Sondrio tutti mandano il loro contributo. Sul luogo dell’evento e in prefettura vengono istituite le postazioni di comando per gestire l’emergenza. Entro un’ora deve essere tutto pronto». La Regione dispone di tre tende. Quella destinata al Lodigiano si trova a Pavia. «Sul luogo dell’evento - precisa Beretta - viene istituito il lotto scorte con i farmaci e i presidi per assistere almeno 15 feriti. Vengono allestiti, in loco, dei mini “ospedali”, definiti in gergo Posti medici avanzati, Pma. Il personale visita e presta le prime cure ai feriti, poi decide l’ospedale nel quale inviarli. I codici verdi aspettano, mentre quelli rossi e gialli hanno, ovviamente, la priorità. Per fare un posto medico avanzato ci vogliono due medici, tre infermieri e un tecnico. A Parigi, per esempio, il Pma, è stato allestito in un bar. Se si è in mezzo a un bosco bisogna ricorrere alla tenda, ma ci vuole più tempo».

Il piano ospedaliero per il maxi afflusso di feriti, invece, consente di accogliere fino a 68 pazienti al Maggiore e 28 a Codogno. Con la possibilità di curare i feriti anche in spazi anticonvenzionali, nei corridoi o nelle sale di attesa. In caso di politraumatizzati gravi però, Lodi può arrivare ad accoglierne 2, tante sono le sale sale operatorie. «Anche il modo di lavorare, in questi casi - annota Beretta - è più snello». La burocrazia, ovviamente, viene lasciata da parte. Si fa quella che viene definita “medicina di guerra”. «A Lodi il piano di emergenza - ricorda Beretta - fu applicato nel 2000 per un maxi tamponamento in A1 dove morirono 2 persone e ci furono 30 feriti gravi. L’aereo non poteva atterrare, a causa della nebbia e tutti gli altri automobilisti erano bloccati al freddo in mezzo alla strada. I soccorsi lodigiani vennero chiamati anche durante le alluvioni dell’Adda e del Po e l’incidente aereo di Milano Linate del 2001, ma purtroppo non ci fu molto da fare.

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