Ultimi giorni di lavoro a Lodi per l’angelo del 118

Si commuove, ride, si stropiccia gli occhi. Sono giorni difficili questi per Silvana Repetto, fondatrice insieme a Giorgio Beretta e al compianto Rinaldo Cantadore della centrale operativa del 118 di Lodi. La dottoressa l’1 aprile andrà in pensione e lo farà salutando tutti nella sala bar dell’ospedale. Una pensione anticipata, a 62 anni di età. «Fare i turni in Pronto soccorso a 60 anni passati non è così semplice - ammette -, per questo ho recuperato gli anni nei quali avevo lavorato per l’università e ho deciso di lasciare». Per una come lei che ha amato profondamente il suo lavoro, lasciare l’attività sul campo però è difficile. Dopo la laurea in medicina, nel 1980, Repetto ha lavorato i primi 2 anni al Galliera, ospedale ad alta specializzazione di Genova. Specializzatasi poi a Milano in chirurgia d’urgenza e Pronto soccorso, Repetto ha seguito al Policlinico di Milano la scuola del grande professor Staudacher. Nel luglio dell’89 la dottoressa, che vive a Montanaso, circondata da gatti e animali, è approdata a Lodi, in chirurgia, dove ha lavorato con Oreste Lodigiani e Natale Olivari, fino al ‘97 quando ha fondato la centrale operativa del 118. Repetto ha vissuto tutti i cambiamenti, compreso l’ultimo più importante, quello dell’accorpamento di Lodi con Pavia. Meglio prima o adesso? Repetto non si sbilancia. «I cambiamenti - dice - devono sempre essere vissuti come una opportunità di miglioramento e di crescita, poi è chiaro, ogni cambiamento comporta delle difficoltà». Come referente del 118, all’interno della protezione civile e della prefettura, Repetto ha vissuto da protagonista le emergenze del territorio, a partire da quelle alluvionali. «Insieme agli ex primari del Pronto soccorso Giancarlo Pelucchi e Pierdante Piccioni - ricorda - ho partecipato per 4 volte alla realizzazione del maxi piano di emergenza che adesso è ancora in fase di revisione. Me ne vado con la consapevolezza di aver fatto bene la mia parte». Tra i tanti eventi drammatici che coinvolgono un medico del 118 ce n’è anche qualcuno che fa brillare gli occhi. «Fu 4 anni fa - racconta -. Ci chiamò una mamma in gravidanza perché pensava di avere mal di pancia: abitava a pochi metri dall’ospedale. Quando sono arrivata il bambino aveva già la testa fuori e mi è caduto letteralmente addosso. Che emozione, ricordo ancora l’applauso e le lacrime dei colleghi. Se non l’avessimo fatto nascere nel suo letto avrebbe partorito sulle scale». Repetto ha succhiato la passione per la medicina dal seno materno. Figlia di un medico condotto, seguiva papà nelle visite domiciliari: «La domenica - ricorda - ci portava nei paesini, dalle persone che non era riuscito a visitare gli altri giorni. Noi figli gli portavamo la borsa come se fosse il Papa. Era bellissimo. Sono sempre stata abituata a mettere al centro il paziente, anzi la persona prima che il paziente. Adesso, invece, si parla di aziende, di globalità, di accorpamenti. In questo sistema non mi ritrovo più».

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