Una storia lunga 40 anni

Una storia lunga quarant’anni, che rischia di interrompersi bruscamente nel mezzo della più pesante crisi economica che l’Italia sta vivendo dal dopoguerra in poi. La Baerlocher è l’ennesima ditta che minaccia di lasciare il Lodigiano, territorio dal 2008 ad oggi falcidiato da chiusure e delocalizzazioni, con migliaia di posti di lavoro “bruciati” e un pesante incremento del ricorso agli ammortizzatori sociali. Il tutto senza che dalle istituzioni arrivi un segnale forte sui nuovi progetti di sviluppo, che non possono essere solo quelli collegati all’Università oppure all’energia solare, peraltro sovvenzionata dallo Stato.

Per la Baerlocher il 2011 rischia di rappresentare il capolinea. Una prospettiva che i sindacati e ancor più i lavoratori dello stabilimento di via San Colombano sperano di poter scongiurare. Ma non sarà facile.

L’azienda - inizialmente chiamata Commer - è stata fondata agli inizi degli anni Settanta da quattro soci italiani. Tra il 1990 e il 1991 la fabbrica passa di mano, ceduta al colosso chimico tedesco Baerlocher di Monaco di Baviera. A pochi mesi dall’acquisizione, i nuovi proprietari cambiano il nome e così all’entrata della ditta campeggia la scritta Baerlocher Italia.

Il gruppo Baerlocher è articolato in 7 compagni produttive nazionali: Germania, Regno Unito, Italia, Francia, Usa, India e Malesia. È leader nella produzione di additivi per l’industria plastica. Ha 13 siti di produzione nel mondo.

Lodi, oltre che sede dell’attività produttiva che impiega 92 dipendenti, è il centro di competenza del gruppo per i prodotti liquidi e uno dei tre centri di ricerca e sviluppo insieme a Marsiglia e Dover in Ohio (Usa). Lo stabilimento di via San Colombano negli ultimi anni è passato attraverso un processo di razionalizzazione del personale. I sindacati segnalano con preoccupazione che oggi una parte dei dipendenti si trova nella cosiddetta “fascia a rischio”: non più giovani, ma lontani dall’età della pensione.

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