Cronaca / Centro Lodigiano
Mercoledì 05 Ottobre 2022
La crisi della Lega - Intervista alla sindaca Gargioni: «Sono molto arrabbiata: Lega lontana dai territori»
Dopo il crollo dei consensi alle elezioni del 25 settembre parla Giovanna Gargioni di Borghetto Lodigiano
Il deludente risultato elettorale della Lega di domenica 25 settembre deriva dalla scelta di staccarsi dai territori e di non ascoltare le sezioni e i militanti, di non lavorare più come una squadra, o come una famiglia, per far emergere invece i singoli. È uno dei sindaci leghisti più rappresentativi e più votati del Lodigiano, Giovanna Gargioni, primo cittadino di Borghetto, a fare un’analisi del voto di 10 giorni fa, e non è indulgente nei confronti della Lega. Non ci sono critiche alle scelte politiche né nazionali né locali, ma una profonda auto-critica su metodi e modi interni al movimento, cui Giovanna Gargioni chiede di tornare a fare le cose che ha sempre fatto, tornare a stare in mezzo alla gente e ascoltare, tornare a fare la Lega.
Si è fatta un’idea dei motivi del risultato deludente?
«Sì, abbastanza precisa e sono anche abbastanza arrabbiata. Capisco che il Covid abbia ridotto la frequentazione dei territori e la partecipazione dei vertici alle riunioni con i militanti, ma il problema è di fondo. Si è scelto di staccarsi dai territori e si è creato uno scollamento totale tra le istanze dei territori, delle comunità e della gente e le scelte del partito».
È arrabbiata per questo?
«Certo. Ho incontrato decine di persone che mi hanno detto senza mezzi termini che in caso di elezioni comunali avrebbero rivotato per me, ma che alle politiche non potevano votare Lega, scegliendo la Meloni. Per me però non è una consolazione questa, anzi. Resta il fatto che a Borghetto partivamo dal 38,6 per cento e ora siamo al 18,3 per cento, contro Fratelli d’Italia che ha il 36,3 per cento».
Il distacco dai territori si è manifestato anche nelle elezioni?
«In tante piccole cose. Per esempio, una volta le candidature partivano sempre dal basso, la sezione faceva i propri nomi, che arrivavano al provinciale e li setacciava prima di passarli al nazionale, dove c’era un’altra scrematura, e infine al federale per le ultime valutazioni. C’era una filiera, ed era una filiera che valorizzava il merito, perché se non meriti non ti conquisti progressivamente la fiducia nei vari livelli, e poi c’era la certezza che chiunque venisse candidato, da qualche parte aveva un legame concreto con il territorio. Da un po’ di tempo però non è più così, e lo posso dire senza timore che la mia frase sia scambiata per invidia, perché lo dico senza aver mai avuto candidature di peso e senza aver mai chiesto candidature di peso. Per me il massimo che un politico può chiedere è fare il sindaco, il resto è servizio».
Anche la filiera lodigiana non ha funzionato? Ci sono un consigliere e due assessori regionali, e c’è un segretario.
«A livello regionale abbiamo avuto tanto, proprio grazie ai due assessori regionali. Che però sono dentro le istituzioni. Io in questo senso appartengo alla vecchia guardia: quando sono stata eletta sindaco, mi sono dimessa da segretario, perché un conto è lavorare nelle istituzioni, un conto è fare politica. La Lega ha sempre ascoltato attentamente i propri sindaci, quelli dei paesi piccoli e delle città più grandi. Dal punto di vista istituzionale questo funziona ancora, dal punto di vista politico forse un po’ meno, visto che non si sono prese in considerazione le istanze sollevate proprio dai sindaci. Quanto al provinciale, Claudio Bariselli è un segretario reggente, perché non andiamo a congresso da molto. E questo, senza essere un giudizio politico sull’operato di Bariselli, la dice lunga dello scollegamento in atto tra vertici e base».
Forse c’è stata una crescita troppo impetuosa e il movimento ha perso un po’ lo spirito delle origini?
«Può essere, ma non è quello il problema a mio avviso, anche se alcune situazioni andrebbero riviste. Io ho iniziato in Lega più di 20 anni fa, prima come sostenitore, poi come militante, quindi come segretario di sezione e solo allora è arrivata la candidatura a sindaco».
In cosa è venuto meno allora il collegamento con la base e con la gente?
«Il lavoro delle segreterie locali, degli amministratori locali, dei nostri militanti, tutti insieme, è sempre stato quello di ascoltare il territorio, capire i problemi e le istanze della gente, e provare a risolverli per quanto di propria competenza sul territorio, portando quelle stesse istanze dentro il partito e chiedendo soluzioni ai vertici. La Lega ha sempre avuto una sua impronta, e non ha mai inseguito pensieri ondivaghi. Per esempio, come si fa a inseguire i no vax mentre la tua regione principale è impegnata in una campagna vaccinale di massa e sta facendo tutti gli sforzi affinché il disastro del Covid non si ripeta?».
Si è mosso anche Bossi. Come bisogna interpretare questo Comitato del Nord?
«Intanto bisogna attendere e capire meglio le intenzioni di Bossi. Io posso limitarmi a dire che Bossi mai farebbe qualcosa contro la Lega, ma semmai farebbe qualcosa per supportare e rafforzare la Lega. Sono convinta che qualsiasi azioni si svolgerà proprio con queste finalità, e dunque sarà un bene per la Lega».
Non c’è rischio di scissione all’orizzonte?
«Non mi pare proprio, perché quando si è dentro la Lega si sta dentro la Lega. Non è un mistero che al vecchio congresso la mia sezione si schierò per Fava contro Salvini, ma assicuro che una volta finito il congresso, tutti abbiamo sempre lavorato per Salvini, perché in Lega si fa così. È sempre stato così. D’altronde se c’è malumore, non si può far finta di niente, bisogna coglierlo e trasformarlo in energia positiva per riprendere a fare la Lega. Questo mi aspetto che si faccia anche ai vertici, perché così si rafforza la squadra, di certo non sostituendo chi è critico con chi è più accondiscendente, o sollevando barriere nei confronti di chi solleva dei dubbi o pone delle questioni».
In passato però non c’è stato posto per chi ha criticato Salvini.
«Spero che i vertici capiscano che alzare muri contro chi muove delle critiche, internamente, non fa bene a nessuno. Bisogna ascoltare quelle critiche, assorbirle, coinvolgere le persone meno coinvolte e lavorare tutti insieme. Nella nostra squadra a Borghetto conosco talenti e limiti dei miei assessori, e loro conoscono i miei. Proviamo a valorizzare i talenti e a far crescere tutti. Se da un canale esce dell’acqua, bisogna fare di tutto per riportare quel rivolo nel corso principale, ma non ostacolarlo con una diga, altrimenti prima o poi l’acqua fuoriesce da un’altra parte. Tutti i rivoli della Lega devono trovare spazio».
Bisogna lavorare in squadra, quindi?
«Questa è sempre stata la forza della Lega, ma da troppo tempo invece sembra che ciascuno vada per conto proprio. Bisogna tornare a lavorare non solo in squadra, ma come in una famiglia. Questa è la Lega in cui io mi riconosco: dove ciascuno dice la sua, perché magari ha una storia o un’inclinazione o una sensibilità particolare, ma dove poi si fa sintesi e si lavora tutti nella stessa direzione, partendo da quello che chiedono i territori, da quello che chiede la gente».
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