
LODI Uomini e donne in cammino per ridare fiducia alla vita
SPERANZA Il vescovo Maurizio ha presieduto la Santa Messa in Cattedrale, aprendo ufficialmente il Giubileo con un pensiero particolare a tutte le famiglie, e un augurio a ciascuno per diventare insieme costruttori di pace
Mentre un fiume di fedeli entrava nella navata della Cattedrale tra incenso, canti e preghiere, in alto un timido raggio del sole al tramonto illuminava gli archi romanici antichi e silenziosi. A ricordare che la dimensione comunitaria dell’Anno giubilare, in cui la Chiesa di tutto il mondo ritrova gioia e speranza, si fonde sempre con la necessità di un incontro personale e spirituale con la sorgente di questa speranza, che è Cristo. Cristo che nel silenzio ci consegna il suo invito a non avere paura perché, come ha detto il vescovo, «nella sua incarnazione, morte, resurrezione, si è compiuta la nostra speranza e in essa siamo già salvi, perché l’amore di Dio è riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo. Dio perdona tutto e sempre, ci assicura Papa Francesco. Ma l’appello è alla nostra risposta, l’appello ci chiede di accogliere questo amore».
In cammino
L’Anno giubilare che il vescovo Maurizio ha aperto ieri, solennemente, nella Cattedrale lodigiana, è così un’occasione per rinnovare questa risposta d’amore, a diventare pellegrini sul «cammino di speranza che, illuminato dalla parola di Dio, ci accomuna a tutti i credenti. E questo cammino diventi un amichevole appello per quanti percorrono altre vie per ridare insieme fiducia alla vita».
La speranza cristiana tuttavia, come ha scritto Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo, non delude ma nemmeno illude. «I veri pellegrini di speranza - ha infatti messo in guardia il vescovo - non sono mai degli “arrivati”, ma camminano faticando con gli uomini e le donne del loro tempo, sapendo di essere vasi di creta, fragili, che tuttavia custodiscono il tesoro della certa speranza pasquale, àncora sicura e salda per la nostra unica vita. Le tempeste nella vita non mancano, ma peccato, paura e morte sono vinti in Cristo e la vita battesimale ne trasfigura il dramma».
La misericordia
Pochi giorni fa, al carcere di Rebibbia, il Papa ha invitato il mondo all’umanità e alla dignità nella giustizia, evidenziando però la centralità della misericordia che chiama in causa il cuore di ogni essere umano. Quella misericordia che il Papa aveva già messo al centro del Giubileo straordinario del 2015, e che non può non essere coinvolta anche quando si parla di speranza.
La speranza infatti, come ha detto il vescovo Maurizio, è radicata sulla certezza della misericordia divina, che è in grado di redimere ogni peccato: «Il Giubileo evoca il giudizio del Signore come parola di salvezza. Il male infatti va purificato per consentirci il cammino nella storia con il cuore rivolto al passaggio definitivo all’amore di Dio. E l’indulgenza attesta quanto sia illimitata la misericordia divina che ci accompagna, rimette la pena per il peccato, ci apre nella comunione dei Santi alla solidale intercessione destinata anche ai cari defunti. Così l’Anno Santo diventa una formidabile scuola di perdono con la grazia del Signore».
La famiglia
Il Pontefice ha celebrato la prima cerimonia per l’apertura dell’Anno santo a Roma il 24 dicembre, ma nelle Chiese particolari in tutto il mondo la data ufficiale è stata fissata per il 29, giorno in cui si ricorda la Sacra Famiglia e, guardando a Gesù, Giuseppe e Maria, si festeggiano tutte le famiglie del mondo, che sono manifestazione umana, sempre imperfetta, spesso faticosa, a volte difficile, di quell’amore gratuito che è imitazione di quello divino. Far coincidere l’inizio dell’Anno giubilare con questa festa non è casuale, come ha evidenziato anche il vescovo Maurizio durante l’omelia.
Parlando ai fedeli, almeno 1800 persone, riuniti nella Cattedrale lodigiana, ha affermato: «Dio, che è famiglia nell’amore trinitario, ha voluto la nascita del Figlio nella famiglia umana, facendone attraverso la Chiesa il germe fecondo per l’irreversibile crescita dell’unica famiglia dei figli di Dio. Così oggi insieme, nella Chiesa madre, consacriamo al Signore tutte le famiglie, coscienti del disagio epocale che esse incontrano nel coniugare ciò che è perenne con orizzonti nuovi che non sono mai da temere a priori».
Un appello quindi a ciascuno, a partire dalle istituzioni: «La preghiera e ogni altra forma di vicinanza, privata e pubblica, si impongano a favore delle famiglie, perché è ancora in esse che lo smarrimento di padri e madri, di figli e figlie, può essere realisticamente affrontato con le migliori possibilità di soluzione».
Così il vescovo ha invitato a pregare per la santità del matrimonio e della famiglia, due dimensioni imprescindibili dell’umano che si trovano a vivere un dialogo spesso difficile con la cultura odierna. «La famiglia è icona incomparabile della speranza, sempre alleata con la pazienza». Il vescovo Maurizio ha chiuso l’omelia con un augurio speciale: «Siano le famiglie un grande libro, perfettamente comprensibile in tutte le lingue, un grande libro che ci parla dell’origine e della pienezza dell’umano. Ogni famiglia sia un libro aperto a consolare i cuori malati che il mondo non può consolare. Ogni famiglia sia parola che calma e risana, offrendo un raggio di luce in ogni tenebra. Continui ad incoraggiare padri e madri figli e figlie nella universale fraternità benedetta dal Signore».
L’Anno giubilare
La preghiera per la famiglia è solo il primo passo di un Giubileo che, settimana dopo settimana, sarà occasione per coinvolgere tutte le manifestazioni della società, parlando ai lavoratori e alle lavoratrici, agli sportivi, al mondo della comunicazione, al mondo della cultura e dell’educazione, a quello della salute, agli anziani, ai malati e ai poveri, la cui priorità è affermata dal Vangelo. A tutte le componenti della società, nel dialogo rispettoso delle diversità di ciascuno, il Giubileo vuole portare il germe della speranza che non illude e non delude, per continuare a costruire insieme una comunità che sia argine alle tempeste di cui il mondo è testimone, che sappia costruire ponti di pace per unire gli uomini e le donne e «ridare insieme fiducia alla vita».
© RIPRODUZIONE RISERVATA