
Cronaca
Mercoledì 14 Giugno 2023
ESCLUSIVA L’intervista a Roberto Formigoni: «Berlusconi era l’uomo del fare»
«Ci conoscemmo agli inizi degli anni Settanta, quando nacque un’intesa che è durata nel tempo»

«Lui era l’uomo del fare, io quello del pensare. Tra noi due ci fu sempre un rapporto paritario». Parla a ruota libera con «il Cittadino» Roberto Formigoni, fondatore del Movimento popolare ed ex presidente di Regione Lombardia attualmente in affidamento ai servizi sociali in seguito alla condanna per corruzione del 2019.
Quando vi siete conosciuti?
«Prestissimo. Era l’inizio degli anni ’70. Ero nel mio ufficio. Mi telefonò. Allora non c’erano segretarie. “Tu sei Roberto Formgoni?”. “Sì” dissi. “Io sono Silvio Berlusconi . Tu sei uno dei leader emergenti dei giovani cattolici italiani. Io mi occupo di altre materie, ma sono convinto che abbiamo tante cose in comune. Perché non ci incontriamo?”. Allora di lì a qualche giorno ci incontrammo nel suo studio in via Rovani. Facemmo una lunghissima chiacchierata. Ci trovammo reciprocamente simpatici. Lui uomo del fare. Io uomo del fare, del pensare, dell’agire. C’erano molte sintonie. Da quel momento, molto prima che chiunque altro che fece politica in Italia lo conoscesse, e i miei colleghi me l’hanno sempre invidiato, ho conosciuto Berlusconi».
Come mai la chiamò?
«Voleva dare una formazione culturale ai suoi dirigenti maggiori. Gli feci conoscere l’Istituto di studi per la transizione, l’istituto culturale a cui stavamo dando vita; ci chiese di tenere le relazioni per se stesso e per i suoi dirigenti; le relazioni le tennero Angelo Scola (futuro arcivescovo di Milano, ndr), Sante Bagnoli, Pier Alberto Bertazzi, io stesso. Furono occasioni ulteriori di approfondimento della visione della vita, dei problemi sociali, culturali, internazionali e politici. Si appassionò al meeting di Rimini, infatti finanziò con le sue Tv una edizione. Poi venne l’epoca della politica. Io ero già stato deputato per conto mio. Io non sono figlio di Berlusconi politicamente. Avevo vinto le elezioni europee del 1984 con mezzo milione di voti, le avevo rivinte nell’89 con ancora più voti».
Come fu il vostro rapporto?
«Paritario. Io non dovevo obbedienza a Berlusconi. Gli esprimevo le mie idee, discutevamo insieme. Spesso concordavamo, a volte no, poi spettava a lui che era il capo del partito prendere le decisioni e orientare il partito in una direzione, ma voleva sempre sapere la mia opinione e approfondirla quando eravamo su posizioni divergenti».
Nel 1992 Tangentopoli spazzò via la Dc.
«Io fui costretto a capire dove collocare lo sforzo politico mio e di tantissimi miei amici e scelsi Forza Italia perché era il partito che in quei tempi stava per aderire al Partito popolare europeo, cioè la mia famiglia, la famiglia a cui ho sempre appartenuto, dato che sono sempre stato cattolico e popolare. Forza Italia era l’unico partito in Italia che aderiva al Partito popolare. Mi sembrò naturale, per motivi politici, non solo di simpatia, aderire a Forza Italia. Lui mi scelse come primo presidente di Regione Lombardia».
Le divergenze su cosa vertevano?
«Su temi di politica interna. Ricordo gli anni della crisi e della difficoltà, quando tra 2010 e 2011 l’opposizione di sinistra e l’opposizione internazionale lo indebolirono fortemente, io gli consigliai di dimettersi e andare subito a nuove elezioni. Lui invece tardò a dimettersi, volle cercare di resistere e poi fu travolto dall’opposizione che io considero ingiustificata: lo spread non era colpa del governo Berlusconi e la crisi economica non era solo italiana, ma europea in genere. Dopo quelle elezioni non riuscì più a vincerne altre. Nel 2013 perse per pochissimi voti nei confronti di Bersani, venne fuori un governo di larghe intese. Poi la sinistra lo cacciò dal Senato in base alla legge Severino. Fu uno dei tanti episodi di ingiustizia nei confronti di Berlusconi».
Era un intellettuale?
«Leggeva. Scrisse delle prefazioni ad alcuni libri, chiedeva a chi aveva tempo di studiare di informarlo, poi voleva discutere. Volle anche gli intellettuali nel suo partito».
Quando gli fece la prima telefonata lei cosa faceva in quel periodo?
«Erano gli anni della contestazione studentesca violenta contro Comunione e Liberazione. Berlusconi ci faceva pervenire la sua solidarietà, ne faceva parlare i suoi Tg».
Come giudica il percorso politico di Berlusconi? La sua è stata una parabola.
«Ha inventato un partito in tre settimane e ha vinto le elezioni. Poi è stato tradito da Bossi che fece il ribaltone, ma ci riprovò con grande tenacia e 5 anni dopo vinse ancora. Berlusconi è l’uomo che ha ricoperto per più giorni la carica di presidente del Consiglio, il più longevo della storia d’Italia. Ha rivoluzionato la politica fondando il bipolarismo. È stato l’uomo che ha portato grandi innovazioni. In politica internazionale ricordiamo quando a Pratica di Mare fece incontrare Bush e Putin per fondare un rapporto nuovo di collaborazione tra Europa, Stati Uniti e Russia. Poi è stato un uomo che ha portato anche molti odi e i suoi avversari hanno fatto di tutto. Laddove non riuscivano a sconfiggerlo alle elezioni, cercavano di farlo usando l’arma della magistratura. Sono state fate tante ingiustizie nei suoi confronti, parla uno che ha subito molto di analogo».
Berlusconi, le è stato vicino in questo periodo ?
«Mi ha fatto arrivare la sua vicinanza. Diede testimonianza del modo cristallino con il quale governavo la Regione e facevo leggi che valessero per tutti, con attenzione ai ceti meno abbienti».
Si ricorda qualche aneddoto?
«Le partite del Milan: c’era un gruppetto di 10 persone che occupava sempre gli stessi posti. Io ero invitato da Berlusconi in tribuna d’onore. Al suo fianco c’erano Adriano Galiani, poi Emilio Fede, Fedele Confalonieri, Bebo Martinotti e avevamo sempre lo stesso posto. Era come un cerimoniale. Se arrivavo con un minuto di ritardo, dicevano “Formigoni! La tua sedia è libera, siediti, altrimenti non vinciamo”. Era un divertimento unico».
L’ultima volta che l’ha sentito?
«Nell’autunno dell’anno scorso, in occasione delle elezioni politiche: gli ho fatto le congratulazioni per la vittoria, pur sapendo che era mortificato per il risultato che Forza Italia aveva avuto. Cercai di dargli coraggio e di dirgli: “Si rinnova il centrodestra che tu hai inventato”».
La morte di Berlusconi dal punto di vista politico sarà un problema per il centrodestra?
«Questa è una domanda che si fanno tutti e che mi faccio anche io: riusciranno i nuovi responsabili di Forza Italia, quelli da lui designati una ventina di giorni fa a svolgere il compito che gli ha dato, di essere sempre un partito di centro nel centro destra e uniti? Se non lo saranno Forza Italia è destinata in breve a perdere il suo appeal».
Per ragioni giudiziarie non riuscirà ad andare ai funerali?
«Io andrò, fino alle 23 sono libero di circolare dove voglio. Sarò lì con gli altri che hanno fatto politica con lui, per seguire la Messa e dargli l’ultimo saluto».
Una definizione di Berlusconi in breve?
«Un uomo energico e vigoroso. Sono le parole che ha usato il Papa. Non ha rispettato proprio tutti i 10 comandamenti, aveva dei difetti come tutti, ma i suoi difetti erano pubblici. Aveva un’anima naturalmente cristiana e l’ha rivendicata. Pensiamo all’atteggiamento che ha avuto nei confronti della vicenda di Eluana Englaro. Fece approvare dal consiglio dei Ministri un decreto d’urgenza per salvare la vita di Eluana, ma Napolitano non lo firmò».
Si ricorda un ultimo aneddoto?
«Ha sempre avuto un grande affetto per me. Non è elegante che lo dica io, ma so che diceva a tanti amici: “Formigoni è il migliore dei nostri”».
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