Franco Forte e l’elogio di Carlo Magno:
«Ha “fatto” l’Europa»

Lo scrittore e collaboratore del Cittadino manda in libreria dal 17 gennaio il suo nuovo romanzo

Dopo il successo delle saghe su Gengis Khan, Giulio Cesare e i sette re di Roma, Franco Forte ritorna al romanzo storico con “Karolus”, in libreria dal 17 gennaio, edito da Mondadori: un intreccio avvincente in cui l’autore (romanziere, direttore editoriale e editor per Mondadori, autore di fiction Tv, collaboratore del “Cittadino”) mette a fuoco l’avventura irripetibile di uno dei personaggi più iconici della storia medievale, Carlo Magno, di cui ricostruisce le gesta leggendarie dalla primissima infanzia agli ultimi, intensi istanti di vita.

Cominciamo dalla scelta del protagonista: perché un romanzo su Carlo Magno?

«Carlo Magno è un personaggio che tutti conoscono, ma quello che si studia a scuola su di lui e sul suo tempo sono cose un po’, come dire?, polverose. In realtà si tratta di un momento cruciale per l’Europa, che grazie a lui diventa quella che conosciamo. L’Europa unita nasce con Carlo Magno. È lui che ha impedito la conquista dell’Europa, che era a un passo dal compiersi, da parte del mondo arabo; ha tenuto lontano l’impero d’Oriente di Bisanzio, ha cancellato la potenza longobarda che teneva in mano gran parte dell’Italia; e infine ha creato un nuovo “modus vivendi” dal punto di vista culturale, economico, sociale. Insomma, Carlo Magno è un figlio del suo tempo, ma è anche animato da una visione della politica e di un’Europa straordinariamente moderna. La sua è una storia che merita di essere conosciuta più a fondo anche per capire il presente in cui viviamo».

Com’è costruito l’intreccio del romanzo?

«La costruzione segue passo passo la vita di Carlo, da quando era ragazzino fino alla morte: una vita lunga per l’epoca, 72 anni, di cui ho cercato di indagare i grandi fatti storici, le battaglie, le campagne militari, i successi tramandati dalle fonti documentarie, ma anche i sentimenti, i dubbi, le paure, i sogni e gli incubi, insomma tutte quelle cose di cui i libri di storia non parlano, e che spetta al romanziere far rivivere, rendendoli però sempre verosimili».

Qual è il rapporto tra la realtà storica e la componente di fiction nel romanzo?

«In generale tutti i personaggi con cui Carlo interagisce nel libro sono realmente esistiti, tutt’al più ho inventato qualche figura minore. Quello che ho cercato di fare, piuttosto, è ridare il giusto peso ad alcuni fatti che la tradizione ha ingigantito: per esempio l’episodio della battaglia di Roncisvalle, reso epico dalle “Chansons de geste” e poi dai poemi cavallereschi, in realtà è un episodio molto marginale, che ho ridimensionato ridandogli il giusto peso. O ancora, ho ricostruito più fedelmente la realtà rispetto all’iconografia tradizionale: i guerrieri a cavallo, vestiti con lucenti armature metalliche non esistevano proprio; anche qui ho cercato di far immaginare al lettore il mondo di quell’epoca, com’era in realtà».

La vita che viene dipinta nel libro è quella dell’aristocrazia dell’alto Medioevo. Ci sono aspetti sui quali il romanzo getta una luce particolare?

«Mi è interessato molto approfondire il concetto del primo sangue: una legge non scritta, ma precisa, alla base della vita dell’aristocrazia del tempo. Si tratta del momento in cui si diventava adulti, attraverso la partecipazione a una battaglia nella quale veniva versato del sangue. Per Carlo Magno questo rito di iniziazione avviene a 14 anni, accanto a suo padre. Un elemento significativo di un mondo un po’ barbarico, sanguinario, ma dentro il quale si sviluppa una scintilla di illuminismo che ha portato a costruire il mondo com’è oggi».

Infine, la sua attività di scrittore per la Tv influenza in qualche modo quella di romanziere?

«Certo, scrivere sceneggiature aiuta a costruire e immaginare in modo più scenografico; ciò che voglio ottenere è trasmettere alla fantasia di chi legge un’immagine il più possibile evidente di quello che accade sulla pagina scritta».

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