
LA STORIA Un film da premio Oscar riscopre la disco italiana dei fratelli La Bionda
“One for you, one for me” degli autori di San Donato chiude “The brutalist”
Con il film “The Brutalist” di Brady Corbet vincitore di tre statuette alla notte degli Oscar 2025, torna in auge la italo disco dei fratelli “La Bionda” autori di “One for you, one for me”. Il brano che nel 1978 fece il giro delle discoteche europee chiude infatti il film che racconta la storia dell’architetto ungherese László Tóth emigrato negli Stati Uniti dopo esser sopravvissuto all’Olocausto. Scritto nel 1978 dai fratelli Michelangelo e Carmelo il brano offre un epilogo leggero alla storia drammatica (e immaginaria) di László Tóth, interpretato da Adrien Brody. Michelangelo, 72 anni, di San Donato Milanese, non si aspettava di vivere ancora questo successo dopo aver girato il mondo con il fratello Carmelo, scomparso nel 2022.
Perché Corbet ha usato “One for you one for me” per chiudere il film?
«Credo per una ragione di contestualità, il periodo storico della narrazione del film termina nel 1979 e fu quello il momento in cui il brano raggiunse la sua massima popolarità, dall’Italia alla Germania fino al Sud America. Il brano ha una musicalità sorprendente in contrapposizione alla drammaticità del film e ascoltarlo alla fine credo abbia generato nello spettatore un forte risveglio, quasi come un’effetto liberatorio dopo aver assistono ad una storia così forte. Corbet ha presentato il brutalismo come la corrente architettonica che ha rotto gli schemi, così, ha fatto anche il brano».
Com’è nata One for you One for me?
«Era il 1974 quando da Milano andammo a Londra, agli Apple Studios, per iniziare a registrare i primi brani ma poi capimmo che il genere musicale cresceva a Monaco di Baviera dove nel ’77 iniziammo a suonare. L’arpeggio del pianoforte è stato registrato da un musicista americano conduttore dell’orchestra dei Golden Globe, mentre il batterista era il musicista che produsse i “Simple Minds” poi diventato autore del brano “Want a feeling”. Sono tutte coincidenze che ritornano anche in The brutalist. Il primo nome del gruppo però fu “D.D. Sound” (disco delivery) e in quegli anni diventammo popolari in Europa e poi in Italia. Fummo chiamati da Tito Stagno per scrivere la sigla della domenica sportiva, il bravo “Disco Bass” che divenne un classico. Poi abbiamo composto le colonne sonore per i film di Sergio Corbucci, regista di Bud Spencer e Terence Hill. Avendo raggiunto una certa popolarità decidemmo poi di continuare a lavorare ma con il nostro vero nome La Bionda che aveva un orientamento decisamente pop».
Poi avete deciso di tornare in Italia…
«Negli anni ’80 decidemmo di fondare uno studio di registrazione a Milano, il “Logic Studios” dove abbiamo ospitato artisti di fama mondiale come Ray Charles, Depeche Mode, ma anche Lady Gaga e Rihanna».
E perché avete scelto di vivere a San Donato Milanese?
«È vicina a Milano ma senza la frenesia della città e con mio fratello amavamo guardare gli aerei volare sopra di noi, vederli atterrare non molto distanti ci permetteva di ricordare i nostri viaggi nel mondo».
Dopo 40 anni la “italo disco” è tornata in auge oltreoceano, se l’aspettava?
«Una rivalutazione della disco music c’è stata un po’ ovunque, il film è diventato una cassa di risonanza. La “Italo Disco” era rivolta alle discoteche, ai luoghi di intrattenimento ed in passato abbiamo aperto la strada a molti musicisti che hanno seguito le nostre orme».
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