
Telekommando
Nemmeno il funerali solenni hanno spento l’eco della scomparsa di Baudo. Eppure, pareva di aver detto tutto (e anche oltre, al sottoscritto che pure ne aveva commentato se non la dipartita quello che aveva rappresentato nella cultura televisiva italiana); invece, quasi controcorrente, si va ancor in cerca di qualcosa che ha del sensazionale, quand’anche la vita privata era diventata, per sue stesse dichiarazioni, pubblica. Soprattutto con il matrimonio “in diretta” con il soprano Katia Ricciarelli. Molto più “nascosta” era stata quasi due decenni dopo, la separazione. Non rendendosi però conto, a cominciare dai rotocalchi pomeridiani, che nella vita artistica del conduttore siciliano non vi sono verità alternative. Tutt’altro, la sua carriera si dipana, con qualche curva troppo stretta, molto lineare. Tranne gli ultimi anni che volenti o nolenti sono stati segnati dal progressivo abbandono del video. D’altronde, età e acciacchi non perdonano. E non perdona nemmeno la mobilità del gusto del pubblico. Il pubblico d’oggi lontanissimo da ciò che lui pensava di poter fare in tv. Ancora. Gli ultimi programmi e non si abbia timore di affermarlo era noiosi. Votati alla retrospettiva e all’amarcord. Insomma, per Baudo non c’era più il futuro di una volta come diceva un grande poeta americano, con addentellati in Italia. L’anatema aforistico di Mark Strand non è che la certificazione di un amaro addio: dal successo, ma non dalla popolarità. Questa non gli è mai venuta meno, a differenza dell’astinenza da video. “Malattia” che prima o poi colpirà chi crede di avere casa in tv.
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