
Le Buone Notizie / Lodi
Domenica 21 Settembre 2025
Riccardo Rota: «La politica non può diventare solo guerra di consenso»
Seminare il futuro La riflessione del direttore dell’Ufficio per la Pastorale Sociale della Diocesi di Lodi
Lodi
La prima cosa da dire, per fissare subito il focus e la direzione, è che «dal nostro punto di vista nei giovani c’è un grosso desiderio di partecipazione e di attività». E dunque «c’è voglia di essere partecipi, di essere informati, di poter dire la propria: i giovani sono preparati su tanti temi, rispetto a quello che molti pensano; non c’è affatto indifferenza e c’è, al contrario, anche capacità di elaborazione e di approfondimento». La difficoltà, però, sta nel trasformare questo desiderio in un impegno strutturato «che li porti a essere protagonisti». Secondo Riccardo Rota, direttore dell’Ufficio per la Pastorale Sociale della Diocesi di Lodi, le ragioni sono molteplici e «manca fiducia nelle forme tradizionali di impegno civico, ma anche nella disponibilità della società civile e delle istituzioni a offrire spazi e forme adeguate di partecipazione».
«Penso che la prima cosa da fare - prosegue Rota - sia trasmettere fiducia, far comprendere che l’impegno speso dai ragazzi (quelle energie intellettuali e spesso anche fisiche dedicate all’impegno civico e politico) siano funzionali a un obiettivo, a un sogno: trasmettere la consapevolezza che ciò che io faccio poi porta a qualcosa di migliore e a perseguire quell’ideale che avevo in mente». Oggi, invece, «non riusciamo (non solo i giovani, ma anche la classe adulta) a infondere questa fiducia che impegnandosi si ottiene qualcosa. La politica e le istituzioni sono viste spesso come una realtà puramente amministrativa o burocratica, mentre la politica, invece, è soprattutto voglia di vedere le cose andare in un certo modo, coltivare i propri ideali e i propri sogni e vedere che si possono realizzare: non solo quelli individuali, ma anche quelli collettivi e comunitari». Molti giovani scelgono quindi il volontariato, che offre riscontri immediati, come forma di impegno. «La politica ha tempi diversi, modalità diverse, necessita di essere condivisa da più persone e molte volte questo sforzo sembra non portare a niente, e questo scoraggia».
Un altro ostacolo è il linguaggio, «certamente da adeguare. C’è un problema di contenuti: se non si torna a fare una politica profonda, che parla delle persone, delle possibilità di cambiamento, che condivide visioni del mondo, i ragazzi continueranno a pensare che l’impegno civico sia una professione come tante altre».
Per invertire la rotta, secondo Rota, è necessario mostrare ciò che funziona: «l’impegno può portare risultati, può essere funzionale a ottenere ciò che uno desidera. Ci sono esempi, anche nei piccoli comuni, in cui giovani e meno giovani si impegnano e ottengono risultati per la comunità». E questo vale anche a livello più ampio. «La politica non può diventare solo una guerra di consenso. Il confronto deve essere indirizzato a costruire qualcosa e arrivare a quel desiderio di bene comune. Se continuiamo con prese di posizione precostituite, i giovani capiscono che questa modalità non porta da nessuna parte. E lo capiscono meglio degli adulti, perché vedono la realtà con occhi più liberi».
Un coinvolgimento più ampio dei giovani porta benefici reali nelle comunità, perché «i giovani hanno meno preconcetti, più capacità di innovazione, meno posizioni di potere da difendere. Questo li rende capaci di soluzioni più efficaci e lungimiranti. È chiaro che servono anche professionalità ed esperienza, ma non può diventare solo politica di professionismo. Serve una politica di entusiasmo, di umanità, e penso che i giovani siano i più indicati a mostrarci questa via». Una via già in parte percorsa. «Ci sono giovani impegnati nelle nostre amministrazioni locali, che si mettono in gioco, pensano a cose innovative, hanno a cuore la comunità. Non bisogna generalizzare la distanza tra giovani e istituzioni, ma affrontarla con intelligenza, perché non rimanga confinata nei social o nella chiacchiera occasionale». Ne va della capacità di rappresentatività delle istituzioni, in cui però «gli amministratori locali si trovano molto più spesso ad affrontare battaglie legali prima che politiche, e questa cosa sta portando, in maniera implicita, a una politica sempre meno vissuta e sempre più timorosa di prendere decisioni».
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