IL DIBATTITO «Per tenere aperte le piccole scuole nei paesini del Lodigiano è necessario cambiare la normativa»

La lettera di Osvaldo Folli

La recente conferenza del dottor Marco Fassino, dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale, intervenuto presso la sede dell’UNI3 di Lodi per parlare delle carenza di alunni nelle scuole primarie, come riportato dal «Cittadino» del 9 aprile scorso, ha avuto il merito di riaccendere il dibattito sull’annoso problema, peraltro già ampiamente sviscerato su questo giornale. «Se i piccoli comuni si svuotano – ha detto – non è colpa della scuola ma perché ci sono pochi nati e, in base alla normativa vigente, non siamo nelle condizioni di attivare le classi prime». Il ragionamento non fa una grinza. Tuttavia, a nostro avviso, richiederebbe perlomeno un “supplemento d’indagine” per tentare di spiegare il fenomeno dello spopolamento che sta colpendo in particolare i piccoli comuni del basso lodigiano. Che ciò non sia imputabile alla sola mancanza di servizi educativi, ma sia influenzato anche da altri fattori, come opportunità lavorative, disponibilità di servizi e qualità della vita, penso che tutti ne possiamo convenire.

Allo stesso modo, chiedere di cambiare la normativa che impone un numero minimo di alunni per formare le classi, potrebbe essere una buona soluzione condivisa per mantenere aperte le piccole scuole e garantire così un’istruzione continua e accessibile a tutti. Queste minuscole realtà spesso offrono un ambiente più personale e attento, favorendo relazioni più strette e fruttuose fra insegnati e alunni. Inoltre, possono svolgere un ruolo importante nella comunità in cui operano, contribuendo alla cultura locale e mantenendo viva l’identità del territorio. Ogni controversia per preservarle è una buona battaglia che vale la pena combattere con ogni mezzo lecito per garantire la loro sopravvivenza. Le cose si complicano quando si deve passare dalle enunciazioni teoriche alla realizzazione pratica. Ossia, come superare l’ostacolo normativo che impone il numero minimo? Una soluzione potrebbe vedere comuni vicini collaborare fra loro – come peraltro auspicato dal dottor Fassino – per condividere risorse e studenti, creando così classi più numerose senza compromettere l’identità e le caratteristiche locali.

Estendiamo lo statuto speciale anche alle regioni ordinarie

Esiste anche un’altra possibilità e ha a che fare con la normativa che regola i rapporti fra stato e regioni. La Regione Lombardia, come altre regioni italiane, gode di un certo grado di autonomia nell’organizzazione della scuola dell’obbligo, ma deve comunque attenersi alle normative nazionali. Può intervenire su aspetti organizzativi e gestionali, tuttavia le decisioni relative al numero minimo di alunni per classe sono stabilite a livello nazionale. Le regioni a statuto speciale, come Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Sicilia, godono invece di un maggiore grado di autonomia anche in materia d’istruzione. Possono gestire le scuole con più flessibilità, tenendo conto delle peculiarità ed esigenze locali. Questo permettono loro di mantenere aperte scuole con un numero ridotto di alunni.

È chiaro, giunti a questo punto, che la soluzione del nostro problema consisterebbe nell’estendere lo statuto speciale anche alle regioni ordinarie. Alcune di queste, come la Lombardia e il Veneto, da qualche tempo hanno avanzato richiesta per ottenere maggiori poteri e rispondere meglio alle esigenze locali. Tuttavia, questo processo è complesso e richiede modifiche legislative a livello nazionale. È vero che ci sono stati alcuni passi avanti nella complessa vicenda, ma ora sembra tutto insabbiato e le decisioni sono al di là da venire.

Sarebbe lecito allora domandarsi se, per accelerare il processo di approvazione, almeno per quanto riguarda l’istruzione pubblica, non sia possibile estendere velocemente i criteri già in vigore nelle regioni a statuto speciale anche in quelle ordinarie. Abbiamo girato la domanda all’Intelligenza Artificiale. Ecco in sintesi la risposta ottenuta: «L’idea di adottare criteri delle regioni a statuto speciale potrebbe essere una soluzione interessante e aiutare ad accelerare il dibattito in materia di istruzione».

Ma, voi, potete immaginare i nostri legislatori che si fanno dettare l’agenda dall’IA? Mettiamoci l’animo in pace e continuiamo a combattere con le armi che abbiamo a disposizione.

Osvaldo Folli

Lodi

(nella foto, il provveditore Fassino all’Unitre)

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