Due settimane di zona rossa nella Bassa sono “costate” cento milioni

Conto salato secondo le stime di Confartigianato Lombardia per le aziende comprese nei dieci comuni chiusi per frenare la corsa del virus

Nei 10 comuni del Basso Lodigiano, i 15 giorni di prima zona rossa iniziati il 24 febbraio 2020 costarono alle imprese quasi 100 milioni di euro di fatturato. Un conteggio preciso non è mai stato fatto a posteriori, ma le stime compiute in quei giorni dall’Osservatorio Mpi di Confartigianato Lombardia (sulla base del fatturato per addetto come da dati Istat) indicarono in 49 milioni di euro il fatturato settimanale delle attività economiche non agricole che non fu possibile sviluppare. Fu proprio l’aspetto economico l’interesse confliggente con l’altro interesse prevalente, quello della salute pubblica, a muovere le valutazioni di tutti gli organismi chiamati a prendere decisioni, Governo, Regione, persino i Comuni: alle prime ordinanze di chiusura del 21 febbraio a Codogno firmate dal sindaco Passerini, lo stupore lasciò in fretta la parola alla protesta. Fu solo a partire dai primi di marzo del 2020, progressivamente sempre di più, ad essere chiaro che non si era di fronte ad alcuni focolai di una malattia respiratoria grave, ma a un’epidemia su vasta scala di un virus fortemente letale, epidemia che da lì a poco sarebbe poi stata classificata come pandemia a tutti gli effetti. Oggi che l’inchiesta sulla mancata zona rossa nella Bergamasca fa emergere le pressioni del mondo produttivo sulla politica per evitare la chiusura, è bene ricordare cosa accadde nel Lodigiano.

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