ESTATI LODIGIANE Il fascino perduto delle anguriere, dove trovare amici e frescura

Sant’Angelo (con i ricordi della figlia di Luigi “Ciccio” Manenti), Codogno e Lodi

Poi, in certi tramonti, un nodo s’attorciglia, non si capisce se stringe il cuore o l’angolo dove stanno le nostre memorie, quelle a cui non si pensa più, ma che poi improvvise affiorano.

Non abbiamo saputo conservarne i dettagli, sfuggono le fisionomie, si mantengono soltanto le sensazioni, eppure non è trascorso troppo tempo: la maggior parte delle casòte attrezzate come anguriere sono state demolite una trentina d’anni fa, ci sono almeno tre generazioni contemporanee che le hanno frequentate, ma ci sono cose che si considerano permanenti, e invece si perdono d’improvviso, ne tieni a mente solo il luogo, cinquecento metri più avanti, forse più indietro, non è sicuro neppure quello, e tutto il resto si è smarrito.

Eppure, ogni luogo dovrebbe essere un’Itaca. Queste strutture erano meta di tanta gente: un luogo popolare e di massa. Si animavano d’estate non appena imbruniva. Nel passato l’ora per la cena era con il riverbero della luce pomeridiana, che resisteva alle orme notturne: tutto principiava prima, persino i programmi televisivi erano anticipati, c’erano due soli canali di Stato, e le abitazioni non avevano impianti di aria condizionata: la sera si usciva alla ricerca di frescura. Per questo, si andava alle anguriere: dove la fetta a taglio aveva un prezzo abbordabilissimo e offriva la sensazione di dissetarsi.

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