Medici di base morti di Covid:
«Stiamo aspettando i risarcimenti»
La figlia di Natali «Dottori di famiglia considerati “di serie B” rispetto agli ospedalieri»
«Abbiamo avuto solo il contentino dallo Stato, per il resto siamo stati dimenticati, a differenza dei parenti dei medici ospedalieri». Michela Natali, figlia del dottor Marcello Natali, medico di base di Caselle Landi, stroncato dal Covid il 18 marzo 2020, riaccende i riflettori sul problema dell’equità del risarcimento. «I nostri genitori sono stati obbligati ad avere una assicurazione che non ha riconosciuto la morte per Covid come un infortunio sul lavoro - spiega la figlia del dottore -. Alcuni hanno fatto causa, ma siamo ancora ai primi gradi di giudizio. Lo Stato ci ha dato qualcosa ma era fumo negli occhi, un contentino. Ai medici ospedalieri invece è stato riconosciuto che sono state vittime nello svolgimento del loro dovere, come i carabinieri uccisi dalla mafia. Ci siamo iscritti all’associazione nazionale “Medici a mani nude” per cercare di smuovere la situazione. Noi, personalmente, non abbiamo fatto causa, ho finito di arrabbiarmi con il mondo, per me basta così». Lei e suo fratello non hanno voluto studiare medicina: «Papà non voleva, i ritmi erano assurdi - racconta ancora con il groppo in gola Michela Natali -. Mi ricordo le chiamate che arrivavano la mattina quando era ancora a letto. Io gli portavo il caffè e mi sedevo vicino a lui, non si faceva in tempo a intavolare un discorso che arrivava la telefonata. Mamma faceva l’infermiera, quando le è scaduto il contratto il 17 marzo 2020 ha deciso di ritirarsi: “Non voglio più pensare di occuparmi del dolore degli altri - ha detto -, mi basta il mio”. Ci siamo trasferiti anche a San Giorgio di Piano. A Caselle Landi eravamo in mezzo alla campagna, a 3 chilometri dal centro. Qui, nella casa grande che era di papà, ognuno di noi, io, mio fratello Marco e mamma, ha i suoi spazi, ma rimaniamo vicini che è la cosa migliore». Marco si è laureato in chimica, Michela invece, frequenta il Dams e a 3 esami dalla laurea deve superare l’ostacolo del lutto: «Mi raccomando - mi aveva detto papà - prometti di laurearti. Vivo ancora il suo decesso come un dispetto. E io non riesco a finire gli studi». Per ora Michela lavora in una logistica. «Mi piacerebbe - dice - dopo la laurea, fare arte terapia, perché lo ammetto, mio nonno era medico, papà era medico, la vena è quella». Il 18 marzo è l’anniversario di morte di papà Natali ed è anche l’anniversario delle vittime del Covid. Nel Lodigiano con il dottor Natali, per quanto riguarda i medici di famiglia, sono stati stroncati dal Covid anche Ivano Vezzulli, Andrea Carli e Giuseppe Borghi. Hanno affrontato il Covid senza camici e mascherine, i famigliari hanno perso i loro cari, la speranza è che ricevano almeno un risarcimento dignitoso.
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