
Il ministero non dà indicazioni sui controlli. Così l’accoglienza dei profughi è lasciata alla coscienza di chi si è messo in campo per questa avventura.
Attualmente, nel Lodigiano, i profughi sono circa 750. A breve però scade il nuovo bando aperto dalla prefettura per l’accoglienza di altri 240 posti. Dal 26 settembre del 2016 al 31 dicembre arriveranno così sul territorio altri 814mila 800 euro (Iva esclusa), da distribuire tra le varie realtà che si metteranno in gioco. A volte i contributi per le onlus arrivano da Roma in ritardo. Nel territorio, la Banca popolare di Lodi ha previsto un piano di anticipo dei fondi in attesa dei rimborsi.
Il problema più grosso per le prefetture è riuscire a trovare gli enti che accolgano i profughi. ProgettoInsieme, che collabora con la Caritas, è una delle realtà più attente del territorio: i profughi lavorano, fanno volontariato, sport, studiano e vengono “messi in riga” dalle operatrici. Ognuno, oltre al letto, ha un armadio per i vestiti ed è spronato a tenere pulito e in ordine il proprio spazio di vita.
«Il ministero - annota il presidente di Progetto Insieme Paolo Landi - non dà alcuna indicazione sui controlli». La verifica sul rispetto delle norme igienico sanitarie, un bagno per ogni 6 profughi, è compito dell’ex Asl che effettua i sopralluoghi, ma dati i numeri dei monitoraggi da effettuare si accumulano i ritardi. Chi controlla, invece, che i ragazzi vadano a scuola? Il ministero lo prevede, ma poi, nei fatti, questo non sempre accade. Chi controlla che vengano svolte attività di integrazione? E quali associazioni, a parte 2 o 3, hanno quell’esperienza pregressa nell’accoglienza, prevista dai bandi della prefettura? Solo poche realtà virtuse “autocertificano” il proprio operato.
«La cosa più importante, aldilà della sistemazione logistica - spiega Landi - è creare un supporto affinché i ragazzi possano integrarsi. Dalla richiesta di asilo al riconoscimento di rifugiato passa un anno. La sfida maggiore, in questi mesi, è dare ai ragazzi che sono arrivati con i sogni più grandi in tasca, la possibilità di esprimere le loro capacità. È questo l’integrazione. Solo così, oltre all’aspetto della promozione umana, anche l’investimento finanziario ha un senso: si formano persone che possono aggiungere un valore alla comunità. Se la collettività lo percepisce si aumenta il consenso e si va verso una nuova era di integrazione. Se questo però non viene fatto a monte, a livello di controlli, si creano disordini, si alimentano poi le polemiche e non eccellono le situazioni di positività. Il meccanismo positivo dell’accoglienza produce anche posti di lavoro nell’ambito della mediazione culturale, per esempio, o dell’assistenza sanitaria». Spesso, invece, le onlus non spiegano nemmeno ai ragazzi cosa devono fare per ottenere i documenti. Non garantiscono loro un assistente legale. I ragazzi non sanno che dopo il diniego del permesso ci sono 30 giorni di tempo per fare ricorso. Rimangono senza documenti, irregolari e con un sogno spezzato a metà.
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