Carlo Franciosi, 59 anni, imprenditore agricolo di Ossago, lascia la presidenza della Coldiretti di Milano-Lodi-Monza e Brianza. Le dimissioni - a due anni dalla scadenza del mandato - arrivano come un “fulmine a cielo sereno” e chiudono una lunga parentesi per l’associazione di categoria, visto che Franciosi era in carica dal 1999. Ora si apre la partita della successione, il 18 luglio è in programma l’assemblea Coldiretti e non è escluso che Lodi perda la presidenza.
Prima di diventare presidente, Franciosi ha ricoperto l’incarico di vice presidente della Coldiretti di Lodi e Milano (Monza e Brianza non erano ancora autonome). È stato anche presidente di Agrifidi Milano-Lodi per due mandati e vice presidente dell’Associazione produttori di latte. E ancora, dal 2007 fa parte della giunta della Camera di commercio di Milano, è stato consigliere di amministrazione della Banca Popolare di Lodi e dal 2003 al 2009 è stato presidente del Consorzio Agrario di Milano e Lodi. Sempre nel Consorzio ha poi ricoperto l’incarico di consigliere.
Ufficialmente Franciosi si è dimesso dalla presidenza della Coldiretti per ragioni personali. «Ho un’azienda agricola nella quale è entrato anche mio figlio e lavorare al suo fianco è la cosa che in questo momento più mi appassiona - ha detto ieri Franciosi -. In questi anni ho dato tanto alla Coldiretti. Durante la presidenza l’associazione ha vissuto molti cambiamenti, si sono alternati sei direttori e abbiamo operato in un frangente difficile a causa della crisi del settore agricolo. Oggi però lascio con la consapevolezza che il ruolo del mondo agricolo è sempre più riconosciuto». Per due mandati Franciosi è stato presidente del Consorzio agrario, un colosso oggi in gravissima crisi e di fatto destinato a scomparire definitivamente. «È un ente importantissimo, ma con costi di gestione elevati - afferma Franciosi - i direttori non sono mai riusciti ad abbassare questi costi nonostante le delibere del cda siano sempre state puntuali. Nel corso dei miei mandati ho provato a seguire la strada delle fusioni con altri consorzi, che poi non si sono concretizzate per ragioni esterne al Consorzio stesso. Spiace per come è finita, ma il bicchiere non è del tutto vuoto: il ramo d’azienda è stato affittato e sono stati salvati circa 40 posti di lavoro».
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