
PrimoPiano
Martedì 27 Maggio 2014
Don Sciortino: «Non demonizziamo i media»
«Internet e la rete vanno conosciuti e utilizzati
con responsabilità, sono convinto che se Gesù nascesse oggi sarebbe senz'altro su Facebook»
Dai tweet del Papa al volto delle news nostrane in tempi di crisi e disagio. Per raccontare com'è cambiata la comunicazione sociale, dai social media in poi. Ne parliamo con don Antonio Sciortino, sacerdote e giornalista, classe 1954, dal 1999 direttore di «Famiglia Cristiana», ospite oggi a Lodi.
Com'è cambiata la comunicazione della Chiesa con l'arrivo dei nuovi media?
«Internet e la rete non vanno demonizzati, ma conosciuti e utilizzati con responsabilità. Hanno un po' abbattuto la logica dei campanili. La rete è un ambiente di vita in cui si comunica, si fa amicizia e ci si confronta. E la sfida per la Chiesa è abitare questo mondo, riuscire a starci dentro, da protagonista e testimone. D'altronde, la rete è congeniale alla Chiesa, perché essa stessa è organizzata come una rete. Tra le nuove tecnologie e il linguaggio della fede ci sono forti analogie, come mostrano molti termini chiave per gli internauti, tipo “icona” e “community”».
Qual è il rapporto tra Papa Francesco e i social media?
«Papa Francesco è un grande comunicatore per l'immediatezza e il valore simbolico dei suoi gesti e delle sue parole. E ci sorprende in continuazione per la sua spontaneità e l'essere fuori dagli schemi. E sbaglia chi dice che l'uso di Twitter svilisce l'autorevolezza del Papa. Sono convinto che se Gesù nascesse oggi, sarebbe senz'altro su Facebook. A modo suo, usava una sorta di tweet: che altro sono, infatti, quelle frasi brevi e dense di contenuto (i cosiddetti loghia), come: “Il tempo è compiuto. Il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo”?»
Cosa significa fare comunicazione sociale? E qual è l'impegno di «Famiglia Cristiana»?
«A mio parere, fare comunicazione sociale è mettere i mass media a servizio del dialogo, dell'incontro e del confronto tra le persone e i popoli. In questo senso il nostro impegno è raccontare un mondo che sia sempre più equo e giusto, che abbia a fondamento la dignità della persona e l'uguaglianza di tutti gli esseri umani, per favorire quella che don Tonino Bello chiamava la “convivialità delle differenze”».
Qual è lo spaccato del Paese, in termini di disoccupazione, povertà e disagio, secondo il suo osservatorio?
«Da anni richiamiamo l'attenzione su un Paese segnato da una povertà crescente, su famiglie con figli che non ce la fanno più ad arrivare a fine mese, e sul divario che si allarga tra i ricchi e i poveri. I dati sono impressionanti: il dieci per cento della popolazione possiede più del 50 per cento della ricchezza nazionale; così come il patrimonio dei primi dieci italiani è pari al guadagno di mezzo milione di operai. Ma il dato più preoccupante è legato alla disoccupazione giovanile: un giovane su tre (in diverse regioni uno su due) non ha lavoro e quindi è senza futuro e speranza».
Ci sono, a suo avviso, errori ricorrenti della stampa nazionale nel raccontare l'altro o il povero?
«Non sempre c'è la sensibilità davanti a temi delicati, soprattutto nell'affrontare quelle che Papa Francesco chiama le “periferie dell'esistenza” o gli “scarti dell'umanità”. Il rischio è di non rispettare la dignità delle persone. O, peggio, trasformare il dolore o le esperienze di povertà e disagio in spettacolo, per fini di vendita o per solleticare la morbosità dei lettori».
Quale il ruolo della stampa di ispirazione cristiana oggi, in Italia e nel mondo?
«L'ispirazione cristiana non è una nicchia dove rinchiuderci, ma un di più di responsabilità, apertura e coraggio. “La verità vi renderà liberi”, dice l'evangelista Giovanni. Per la stampa di ispirazione cristiana è questa la linea guida per un'informazione che sia davvero a servizio della verità e dei lettori, e non di altri poteri, qualunque sia la loro natura, politica o economica».
Il rapporto con la politica, dopo gli attacchi ricevuti in passato?
«Nei confronti della politica non siamo asserviti a nessuno. Ci lasciamo guidare dal Vangelo e dalla dottrina sociale della Chiesa, che sono le nostre stelle polari».
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