Quando si dice un predestinato. Giovanni Caperdoni, per tutti più semplicemente Gianni, è “nato” presidente, carica che ricopre in pratica da quando aveva 17 anni. La sua storia però non parte da Melegnano, città nella quale ha poi messo le radici diventando una vera e propria istituzione nel mondo dello sport e dell’associazionismo in generale. Caperdoni nasce infatti a Mediglia il 30 agosto del 1946 e si trasferisce a Melegnano nei primi anni Cinquanta. Mentre si inserisce nel mondo del lavoro, prima come infermiere ausiliario e poi professionale, la sua grande passione resta lo sport, il calcio in particolare. Solo che in quegli anni in città esiste una sola squadra, la storica e ambiziosa Melegnanese, che però ha obiettivi che richiedono anche una rosa di giocatori all’altezza, per cui non tutti possono permettersi di giocare a pallone. E allora Caperdoni insieme ad alcuni amici fonda nel 1963 il Benfica, diventando il primo presidente, tra l’altro non ancora maggiorenne e, a quanto è dato di sapere, il più giovane in Italia. Il nome scelto dalla nuova società è in onore della squadra portoghese che all’epoca, guidata dal fenomenale attaccante Eusebio, spopolava in Europa e nel mondo. Nel 1969 la denominazione però cambia in Pro Melegnano, per dare una connotazione anche cittadina alla società. «È iniziata così la mia lunghissima avventura nel mondo del calcio – racconta Caperdoni – e oggi a distanza di tanti anni, qualche acciacco e i molti impegni extra, devo dire che la passione è sempre la stessa».Mentre la sua carriera professionale avanza fino a portarlo a diventare in pochi anni il responsabile del personale dell’Azienda ospedaliera di Melegnano che raggruppa altri cinque Comuni del Sudmilano (oltre che fondatore dell’Arcop, Azienda ricreativa e culturale dell’ospedale Predabissi), il suo impegno nel mondo dello sport non conosce soste. La Pro Melegnano sotto la sua presidenza inizia una crescita esponenziale che toccherà il punto più alto nella stagione 2003/2004 con la conquista della Promozione: «Quell’anno vissi la gioia più grande come presidente – conferma Caperdoni – anche perché a tutti gli effetti diventammo la prima squadra di Melegnano, dopo che la Melegnanese retrocedette in Prima Categoria».Nel frattempo la società biancorossa espande la propria attività dando vita a un settore giovanile che per diversi anni non aveva mai avuto, anche grazie alla concessione del centro sportivo comunale di via Per Landriano che diventa a tutti gli effetti la “casa” della Pro, oltre che la seconda dimora di Caperdoni, il quale insieme a tanti altri volontari, tra cui il braccio destro Enrico Negri e i fratelli Gaetano e Franco Marchesi, contribuisce a rendere il centro sportivo sempre più accogliente: «Questo è stato anche uno dei motivi per cui non ho mai lasciato la società. L’abbiamo fondata insieme a un gruppo di amici che poi ha continuato a mandarla avanti».Purtroppo qualcuno ora non c’è più e questo è forse il dolore più grande per il “presidentissimo”: «Ho perso quello che per me era come un fratello, Alfonso Angolari, ma anche altri amici che hanno fatto la storia di questa società come Piero Maffri e Amedeo Ruffini. C’è chi ha poi scelto di non continuare dopo la fusione con la Melegnanese, ma quella è un’altra cosa. Di sicuro il lavoro svolto in tutti questi anni a qualcosa è servito».Quattro anni fa arriva la storica decisione di unire le forze con i rivali della Melegnanese, da cui nasce il Melegnano Calcio (in città sono attive anche l’Usom in Seconda Categoria e l’Sgb Giardino con il settore giovanile), fortemente voluta proprio da Caperdoni: «I tempi erano maturi per quella scelta – afferma – e oggi a distanza di tempo si può dire che sia stata la cosa più saggia. Altrimenti si rischiava solo di continuare a farsi del male oltre che a rischiare di sparire».Sposato e padre di tre figli, Sabrina di 49 anni, Warner di 43 e Marika di 31, nonché nonno di due nipoti, la 20enne Alessia e il piccolo Lorenzo di 10 anni, Gianni Caperdoni ha per ovvie ragioni a lungo trascurato la propria famiglia per i suoi molteplici impegni calcistici: «Questo un po’ mi è pesato – confessa – e anche mia moglie Cesarina ogni tanto giustamente me lo rinfaccia. Però credo di aver sempre cercato di svolgere una funzione sociale togliendo dalla strada tanti ragazzi, per cui vado fiero di quello che ho fatto. Tra l’altro senza interessi personali, perché mio figlio non ha quasi mai giocato a calcio, proprio come me, anche se per la verità io una piccola carriera da portiere l’ho fatta, così anche come arbitro». E anche sul doppio ruolo di genitori e dirigenti Caperdoni spiega la sua linea: «Una volta era diverso, perché c’erano meno occasioni di avere rapporti diretti tra genitori e figli nelle stesse società, oggi non è più così e io dico sempre che sta all’intelligenza delle persone riuscire a non confondere i ruoli».Anche la gestione economica delle società sportive è radicalmente cambiata nel corso degli anni: «Mancano i volontari di un tempo che oggi purtroppo anche per la difficile situazione economica non ci sono più. Le società devono fare i conti anche con le poche risorse che le amministrazioni hanno a disposizione e tutto diventa più difficile».Insignito di diversi premi come la medaglia d’oro da parte della Figc nel 2003, Caperdoni è stato in pratica da sempre il presidente della Pro Melegnano e oggi ricopre la carica di presidente onorario del Melegnano Calcio. Ma un altro fiore all’occhiello è l’incarico di amministratore che la Croce bianca gli ha affidato due anni fa, per risanare le casse dell’associazione: «Ho quasi completato il mio compito – sorride – e anche se è stato un lavoro duro e faticoso, mi ha riempito d’orgoglio».
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